Cento. Scatole cinesi per aggirare le tasse e vendere a prezzi stracciati prodotti hi-tech. Il lucroso commercio di un imprenditore ferrarese è stato però scoperto dalla Guardia di Finanza, che ora gli contesta una frode da 5 milioni di euro.
I finanzieri della Tenenza di Cento e i funzionari dell’Ufficio delle Dogane di Ferrara hanno scoperto un articolato sistema di frode all’Iva ideato da un imprenditore centese titolare di una società attiva nel settore della vendita via web di fotocamere digitali.
Le indagini hanno consentito di individuare un giro di fatture false pari a circa 5 milioni di euro e di quantificare in 1,5 milioni il profitto illecito derivante dal mancato versamento dell’Iva.
Il tribunale di Ferrara ha emesso, nei confronti delle società coinvolte e dei loro amministratori, un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente. Gli illeciti ipotizzati vanno dall’emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti all’infedele ed omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali.
Su disposizione della procura della Repubblica di Ferrara, i finanzieri e i funzionari doganali hanno eseguito diverse perquisizioni nei confronti dei soggetti indagati nelle province di Bologna, Ferrara e Rimini, sequestrando altra documentazione che potrebbe risultare utile all’indagine.
Il presunto organizzatore della frode è un imprenditore di Cento che per essere competitivo sul mercato on line di fotocamere digitali, aveva creato una rete di società fittizie allo scopo di far acquistare ingenti quantità di prodotti elettronici dai fornitori comunitari (francesi, tedeschi e olandesi) e di farli vendere, attraverso un giro di false fatture, sotto costo alla propria azienda.
L’azione fraudolenta finalizzata alla compressione dei prezzi è stata realizzata grazie al mancato versamento dell’Iva dovuta sui vari passaggi commerciali, documentati dall’imprenditore in maniera fittizia.
Le operazioni venivano contabilizzate nel seguente modo: la prima società “cartiera”, creata ad hoc, riceveva le fatture dai fornitori comunitari senza applicazione dell’imposta (in virtù del meccanismo del cd. Reverse charge, applicato per le cessioni all’interno di Stati dell’Unione Europea): procedeva poi ad emettere fattura, rivendendo il bene, questa volta con applicazione dell’Iva (ma mai versata), a favore di una seconda società c.d. “filtro”, che a sua volta rivendeva alla società centese effettiva destinataria dei beni.
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