Lettere al Direttore
10 Novembre 2018

Laboratorio Civico dice no al ddl Pillon

di Redazione | 5 min

Nel mese di luglio passato nasce l’allerta per la proposta di legge presentata dal senatore leghista Simone Pillon. Molte associazioni e coordinamenti volti alla tutela delle donne e dei minori, si sono fin da subito allarmate alla sola conoscenza che proprio il senatore Pillon, a solo un mese dalla nascita del nuovo governo, aveva predisposto un disegno di legge volto alla riforma del diritto di famiglia.

Infatti, l’avvocato, ora anche senatore leghista, era già conosciuto negli ambienti, in quanto organizzatore di tre Family Days negli anni 2007, 2015 e 2016, e grande attivista cattolico e fautore di ideologie conservatrici cattoliche evidenziate dalle sue affermazioni: omofobe come “esiste una lobby gay”, di contrarietà all’aborto “cambiare la 194” e “obiettivo aborto zero” e non per ultimo del riconoscimento della sola famiglia fondata sul matrimonio cattolico con il libro “Ciò a cui non possiamo rinunciare”, ove esaltava la famiglia patriarcale. Parla, sempre, da padre separato che ha manifestato per l’acquisizione di maggiori diritti proprio per i soli padri separati.

Lo stesso è anche sostenitore dell’esistenza dell’insegnamento della stregoneria nelle scuole bresciane.

Quindi, proprio lui, “l’insigne” avv. Pillon appena divenuto senatore ha proposto una riforma volta a tutelare uno degli interessi delle sue precedenti “lotte”, che contrastano con i diritti acquisiti in anni di battaglie dalle donne. I giorni 12 e 13 del 1974 sono state date fondamentali, si era tenuto il referendum per il divorzio, che ha disposto l’abrogazione di una legge che ha posto fine alla condizione di sudditanza di molte donne nel contesto familiare. In molte famiglie, soprattutto in meridione vigeva ancora la figura del padre padrone.

Per quanto, invece, concerne i figli minori si evidenzia che la loro condizione è stata soggetta ad un lento ed articolato percorso che ha visto profondamente mutata la loro posizione, dapprima nel contesto familiare e sociale ed in un secondo momento anche nel contesto giuridico. E’ con la Convenzione di New York del 1989 e la Convenzione di Strasburgo del 1997, che si deve quella che in molti hanno chiamato la “rivoluzione copernicana” che ha visto il minore trasformarsi da mero oggetto e destinatario di cure e attenzioni a soggetto di diritto, titolare di situazioni giuridiche soggettive proprie e capace di far valere i propri diritti. 

Attualmente, la difficile acquisizione dei suddetti diritti viene messa a rischio da un ddl già al vaglio delle Camere.

Associazioni e coordinamenti di visione liberale lo contrastano. Anche parlamentari e senatori dei Cinque Stelle sono profondamente contrari all’emanazione di tale possibile legge. Il vice-presidente alla Camera Maria Edera Spadoni, alla Camera dei Deputati si è già schierata contro il Ddl Pillon significando la mancanza di tutela proprio dei minori. Anche il “Coordinamento per le pari opportunità” del movimento nazionale dei cinque stelle all’incontro tenutosi in Bologna lo scorso mese, ove era intervenuta anche l’onorevole Maria Edera Spadoni, aveva approfondito la tematica evidenziandone le criticità che si possono brevemente riassumere in:

– Obbligo di mediazione e coordinatore ante-causam: Che comporterebbe tempi e costi talmente elevati che potrebbero ritardare o addirittura disincentivare la parte economicamente debole a fare richiesta della domanda di separazione o divorzio. Oltre alla formazione di un discutibile piano genitoriale.

– Imposizione di tempi paritari e doppia domiciliazione/residenza dei minori

I minori di ogni età, quindi anche in fasce, dovrebbero trascorrere, senza possibilità di scelta alcuna, tredici giorni con un genitore e quindici con l’altro. La stabilità richiesta sia dai pedagogisti che dagli psicologi, volta a non creare traumi ai figli, che devono già sopportare una decisione a loro aliena e comunque dolorosa, viene meno. Si ricorda, che l’istituto del mantenimento della casa familiare al genitore che conserva la residenza dei figli presso di sé trova fondamento proprio nell’esigenza di stabilità richiesta dai bambini. Ancora, l’alternanza nella dimora comporterebbe in capo ai figli disorientamento e disagi di vita quotidiana come ad esempio la frequentazione della scuola, lo svolgimento di attività sportive e la frequentazione di amicizie, soprattutto nei grandi centri urbani o se risiedenti nella medesima provincia, ma in diversi comuni. Ma, soprattutto, farebbe mancare i diritti acquisiti dai minori negli ultimi due decenni, tra i quali il diritto di ascolto per manifestare la scelta più appropriata al loro interesse.

– Il mantenimento diretto

Tale voce comporterebbe notevoli disagi alla parte economicamente debole del rapporto. Tante sono ancora le donne che non lavorano perché dedite alla famiglia o lavorano solamente part-time ed hanno rinunciato alla carriera per la famiglia. Il mantenimento diretto porterebbe in tali casi notevoli disagi economici, se non addirittura il disincentivo alla separazione. Inoltre, i figli avrebbero qualità di vita difformi non potendo il genitore più povero garantirgli il medesimo tenore di vita.

– Concetto di alienazione parentale

Nel Ddl Pillon tale concetto è formulato in maniera totalmente falsificata e discostante dalla concezione psicologica. Inoltre, una tale valutazione in assenza di esperti in materia in ausilio al giudicante, sarebbe priva di competenza alcuna e potrebbe comportare un susseguirsi di meccanizzazioni a favore di coloro che vorrebbero approfittarsene.

Quindi il Ddl Pillon imponendo procedure altamente costose e vincolando le scelte decisionali al legislatore, senza lasciare margine decisionale al giudicante per il caso concreto, è altamente pericoloso e toglie, per come formulato, tutela alle donne che subiscono abusi in famiglia e priva i figli minori dei loro diritti.

Quindi anche noi di Laboratorio Civico diciamo no alla Legge Pillon e ci auguriamo che venga ritirato il provvedimento.

Per Laboratorio Civico, avvocato Olga Ferroni

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