
(archivio)
È una difesa forse inaspettata quella che Giovanna Mazzoni, pasionaria ferrarese dei No Salvabanche, riserva a Sergio Lenzi, ex presidente del Cda di Carife, e al resto del management a processo per il crac da aumento di capitale del 2011.
“In coscienza – afferma la signora Mazzoni a margine dell’udienza di lunedì mattina – ritengo che si sia attenuto a principi di tutela dei risparmiatori, ha agito con grande energia mentre il Mef e la Banca d’Italia sono stati devastanti”. “Io un po’ mi sbilancio su Lenzi – continua la rappresentante più nota dei No Salvabanche -: è una persona che non ha mai mancato ai suoi obblighi quando era presidente, anche della Fondazione, è una persona rispettabilissima”.
L’occasione per chiederle di parlare dell’ex presidente non nasce dal nulla: durante l’udienza, infatti, Lenzi si è alzato dalla seggiola che occupava nell’aula B del tribunale per recarsi nella zona riservata agli spettatori, tra i quali c’era, appunto, la signora Mazzoni. E le ha consegnato una busta che conteneva una lettera-documento che ricostruisce la vicenda Carife.
“Lui asserisce di aver operato con grandissima energia ma con impotenza”, spiega Mazzoni parlando di Lenzi, per poi aggiungere una sua visione personale: “Senza il commissariamento, senz’altro saremo andati avanti in modo adeguato”.
Insomma, le colpe vere del crac non vanno ricercate nelle persone oggi a processo, ma nei piani altissimi, in quel ministero dell’Economia e delle Finanze e in quella Banca d’Italia che commissariò la cassa estense che “hanno sottovalutato le condizioni della città”. L’esempio viene richiamando la deposizione nell’udienza precedente di Carlo Di Salvo, uno degli ispettori di Bankitalia (nonché dell’allora dg Saccomanni), che fanno dire alla Mazzoni che i suoi funzionari “non avevano rapporti con il territorio. Agivano senza avvertire l’urgenza e la gravità, soprattutto dopo il terremoto. Questi organi di vigilanza non avevano la consapevolezza della preziosità del risparmio e dei rapporti sul territorio, andavano avanti con pochi dati”.
“Conto che la Banca d’Italia assuma il principio della dichiarazione di verità – conclude Mazzoni – e ritorni a verificare quanto il commissariamento è stato deleterio”.
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