Eventi e cultura
10 Ottobre 2018
L'anticipazione della collezione Asp apre un laboratorio di recupero. E si studia la neuroscienza per spiegare la sindrome di Stendhal

Cantiere aperto al Castello, il restauro dell’arte ferrarese è alla portata di tutti

di Elisa Fornasini | 3 min

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Per una mostra che va c’è una mostra che viene. L’ala sud e i camerini del Castello Estense hanno appena salutato la collezione Cavallini-Sgarbi per dare il benvenuto a un’anticipazione de “L’arte per l’arte. Dipingere gli affetti: la pittura sacra a Ferrara tra Cinque e Settecento” che verrà inaugurata il prossimo 26 gennaio.

Già da sabato 13 ottobre e fino al 6 gennaio sarà offerto – nel senso che è compreso nel prezzo del biglietto del Castello, evitando quindi la famosa competizione col Diamanti – un “aperitivo della mostra” per svelare sette quadri rappresentativi della collezione Asp, accumulata nei secoli attraverso donazioni e acquisti, protagonista dell’esposizione vera e propria del 2019.

Si tratta di un “importante patrimonio pubblico di dipinti antichi che non è mai stato valorizzato – spiega Angela Alvisi, presidente del Centro Servizi alla Persona – e che ora verrà riportato alla luce grazie alla convenzione col Comune”, rappresentato dal vicesindaco Massimo Maisto che esprime “soddisfazione e orgoglio per questa importantissima operazione culturale in una città che anche dopo il terremoto continua a investire sul suo patrimonio inedito“.

Tra i tesori ritrovati e restaurati che riemergeranno dal buio dei depositi dei musei civici figurano la Decollazione del Battista di Ippolito Scarsella noto come Scarsellino, proveniente dalla chiesa di San Giovanni Battista, e l’omologa pala d’altare dipinta da Giuseppe Mazzuoli detto il Bastarolo, proveniente dal conservatorio delle zitelle di Santa Barbara e considerato il manifesto della cultura manierista realizzato dal “papà spirituale” dell’arte ferrarese insieme a Bononi e Bastianino.

Questa imponente tavola – non visibile al pubblico da più di 30 anni – sarà al centro di un “cantiere aperto” allestito nei camerini, un vero e proprio laboratorio di restauro per seguire da vicino il recupero dell’opera per mano di Fabio Bevilacqua grazie al finanziamento del Cias (Centro ricerche inquinamento fisico chimico microbiologico ambienti alta sterilità) diretto da Sante Mazzacane di Unife che coordinerà le indagini scientifiche e diagnostiche sull’opera tramite un accordo di collaborazione siglato con la stessa Asp e il Cfr (Consorzio Futuro in Ricerca).

Una “platea di soggetti ferraresi di cui la città deve essere orgogliosa“, puntualizza Giovanni Lenzerini, dirigente comunale Settore Attività Culturali, per proporre a ferraresi, visitatori e scolaresche “un’esperienza inedita come l’essere coinvolti in un’operazione di restauro”.

Il Battista si presenta incerottato con una serie di veline per “fermare il distacco della pellicola pittorica che verrà reincollata sulla tavola” spiega il restauratore Bevilacqua che, tra le problematiche di consolidamento e conservazione del dipinto, ha scoperto “23 tipologie diverse di funghi che hanno prodotto degrado superficiale che fortunatamente non ha intaccato i colori”.

In questo rapporto tra arte e scienza, il conservatore Musei d’Arte Antica Giovanni Sassu annuncia un innovativo progetto di neuroscienza: “Il Cias sta studiando la possibilità di utilizzare elettrodi e sensori per capire cosa vede l’occhio umano davanti a un quadro, su quali dettagli si concentra l’attenzione attraverso la misurazione di pulsazioni e sudorazione. Una sfida per scoprire cosa prova il corpo umano davanti all’arte e per vedere se esiste davvero la sindrome di Stendhal“.

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