Attualità
23 Settembre 2018
Seconda giornata di Festa in Pace, Laila Simoncelli: “Non possiamo più starcene seduti e far riparare alle istituzioni le fratture della guerra”

Verso un Ministero della Pace, da Ginevra a Ferrara la proposta alle Nazioni Unite

di Redazione | 3 min

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“Ma noi, dobbiamo stare qui seduti a guardare tutta questa violenza in tv, e mangiare noccioline davanti allo schermo?” Un interrogativo che va dritto alla coscienza di ognuno e trasversale ad ogni generazione, come quella delle tre classi – quarte e quinte dell’Istituto Einaudi e del Liceo Roiti – che sabato mattina hanno preso parte in piazza Municipio alla seconda giornata della ‘Festa in Pace’.

Lo stesso interrogativo che ha mosso l’allora generazione di giovani dell’Associazione Papa Giovanni XXIII a costruire un proprio ‘Corpo Civile di Pace’, “col quale stiamo portando avanti per esempio l’Operazione Colomba, con le vittime di violenze di sangue in Albania”, riporta l’avvocato Laila Simoncelli, arrivata da Ginevra (dove l’associazione ha un proprio ufficio accreditato presso l’Onu), dopo aver lanciato la campagna presso gli Stati delle Nazioni Unite per la creazione di un vero e proprio Ministero della Pace.

“Dopo il ‘45 si è creato il Ministero della Difesa, che prima si chiamava Ministero della Guerra, e forse erano più sinceri” analizza Daniele Lugli del Movimento Nonviolento, “ed è arrivata finalmente ora di costituirne uno della Pace”. Quest’ultimo, come illustra Simoncelli, avrebbe una sua collocazione precisa a livello istituzionale, con sei proprie arre di funzione e di intervento: la ‘giustizia riparativa’ ad esempio, con cui “ricostruire un percorso assieme alle vittime dei reati. In questo senso esistono già esempi in Italia di Centri di Giustizia riparativa, o si pensi alla già esistente Università del Perdono”.

Se costruire la pace non può significare però solo “riparare le fratture della guerra” o “assenza di essa”, con l’intervento di ‘disarmo’ proposto nella campagna per il Ministero della Pace, si intende “un taglio delle spese militari: il che non vuol dire l’abolizione dell’esercito – specifica Simoncelli – perché le Forze Armate possono essere necessarie, ma una riconversione dell’economia bellica in economia civile, la creazione cioè di un contraltare a quella che finora è stata solo una proposta armata”.

I Caschi Bianchi ne fanno esempio, così come “i 50 mila ragazzi che prestano servizio civile da noi in associazione”, e puntando sulla scuola come “ponte dell’evoluzione della specie” per il Ministero della Pace è prevista una stretta interconnessione con quello dell’Istruzione: “perché imparare valori fondanti come trasformare il conflitto in opportunità, non sia solo parte di progetti sporadici, ma inseriti nel programma curricolare”.

Ed è sull’esempio di Silvano Balboni, “che nel ’48 organizzò un convegno proprio qui a Ferrara a Casa Romei – racconta Lugli ai ragazzi – che per la prima volta si sente parlare di ‘pace organizzata’. E con cui abbiamo bisogno di creare – aggiunge Simoncelli – un vero esercito di costruttori di pace, che se ne assuma il dovere, la responsabilità, e la felicità”.

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