Eventi e cultura
19 Settembre 2018
Il 22 settembre inaugura l'esposizione dedicata al maestro francese che ha rivoluzionato la pittura di paesaggio. Apre anche la sala Offside

Il Diamanti riporta Courbet in Italia in una mostra ‘sensoriale’

di Elisa Fornasini | 3 min

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Una natura da percepire con tutti i sensi: si perde lo sguardo nei boschi rigogliosi, si sente il rumore delle onde impetuose, si distingue l’odore della terra, si può quasi toccare con mano il paesaggio roccioso. Questo è Courbet e questo è il “bello della natura” catturata nella sua essenza più vera che impose il maestro francese come “padre del realismo” e “genio indiscusso dell’Ottocento”.

Il suo rivoluzionario approccio alla pittura di paesaggio – che sia la campagna della sua regione natale, la Franca Contea, le marine scoperte nel viaggio in Normandia o le montagne guardate con nostalgia durante l’esilio in Svizzera – è protagonista della mostra “Courbet e la natura” che verrà inaugurata il 22 settembre a palazzo dei Diamanti.

L’esposizione divisa in nove sezioni tematiche, in una sorta di parabola creativa e umana racchiusa in 50 tele, segna il ritorno dell’artista francese in Italia dopo quasi mezzo secolo, accolto a braccia aperte dalla direttrice di Ferrara Arte Maria Luisa Pacelli e, a sorpresa, dal sindaco Tiziano Tagliani e dal vicesindaco Massimo Maisto che martedì mattina hanno curiosato tra le sale ancora in corso di allestimento.

Accompagnati dalle mappe dei luoghi che ha dipinto e dalle fotografie d’epoca strettamente legate alla nascita del realismo, i visitatori incontrano subito Gustave Courbet nel suo Autoritratto con cane nero in cui si presenta a Parigi come un campagnolo coraggioso e provocatorio, dalla personalità narcisistica e strabordante, profondo conoscitore della tradizione pittorica studiata all Louvre e fortemente legato alla terra tanto che la leggenda vuole che sia nato sotto la maestosa Quercia di Flagey.

La natura che ha vissuto in prima persona è rappresentata sublimemente nelle Cartoline della Franca Contea dove crea un certo scandalo per aver inventato un nuovo linguaggio pittorico, utilizzando strumenti inusuali (come la spatola che gli permette di scolpire le grotte della Loue) e formati insoliti per ‘banali’ scene di vita quotidiana, come nel maestoso capolavoro delle Fanciulle sulle rive della Senna. Tra i suoi quadri-manifesto spiccano anche L’uomo ferito e Buongiorno signor Courbet che deve ancora arrivare dal museo delle belle arti di Parigi.

La natura nuda e cruda, dei paesaggi o dei corpi non idealizzati, si fa più romantica per la sperimentazione della natura morta de Fiori su un banco per poi tornare a farsi densa materia nei paesaggi di mare raffigurati in Normandia. “Qui – è uno dei retroscena svelati dalla Pacelli – i pescatori locali lo chiamano ‘la foca’ perché per Courbet era necessaria l’immersione nel paesaggio per poter dipingere realisticamente quello che conosceva”.

Dal nuotatore che affronta onde pietrificate o mari calmi all’esule costretto all’esilio in Svizzera che si strugge alla vista delle Alpi, si scopre nell’ultima sala la versione decisamente più sorprendente del Gustave-cacciatore in compagnia dei suoi levrieri. La caccia è un soggetto sul quale ripone grandi ambizioni, specie nelle scene invernali che gli consentono di riprodurre le sottigliezze cromatiche della neve che sprigionano tutta la loro potenza in Volpe della neve.

Il Diamanti inaugura infine una nuova sala chiama Offside dove si alterneranno mostre contemporanee per vedere come gli artisti moderni hanno personalizzato gli insegnamenti di Courbet, a partire dalla piccola mostra di Flavio de Marco a cui seguirà quella di Eva Jospin che fra l’altro ha curato l’installazione Ninfeo nel loggiato di palazzo dei Diamanti, dove corde leggere scendono dagli archi per portare ferraresi e turisti in un contatto diretto con la natura, almeno fino al 6 gennaio.

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