Cronaca
11 Settembre 2018
Kingsly Okoase preso domenica mattina dai carabinieri dopo che ha tentato di nascondersi in un negozio al Grattacielo

Aggressione con machete, catturato un terzo uomo

di Redazione | 2 min

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Dopo Irabor Igbiniosa e Anthony Odianose Luckhy – arrestati dalla polizia – è finito in manette anche Kingsly Okoase, considerato uno degli autori dell’aggressione con machete avvenuta il 30 luglio in via Oroboni, all’angolo con via Olimpia Morata, ai danni di un giovane nigeriano di 26 anni, considerata dagli inquirenti un tentato omicidio.

Ad arrestarlo sono stati i carabinieri del Norm di Ferrara. L’unità autoradio, mentre transitava verso le 11 di domenica mattina in via della Costituzione, ha notato un gruppo di extracomunitari che alla sua vista si sono dati velocemente alla fuga. Uno di essi, però, mentre scappava ha cambiato repentinamente direzione rispetto al gruppo, entrando in un negozio del Grattacielo. È stata proprio questo comportamento anomalo che ha attirato l’attenzione dei militari che, entrati nel negozio, hanno sottoposto a controllo l’uomo che, pur essendo privo di documenti, è stato riconosciuto fisionomicamente e con ampio margine di sicurezza dagli operanti come uno dei tre nigeriani ancora da catturare per il raid di via Oroboni dello scorso mese di luglio.

I carabinieri lo hanno quindi condotto in caserma per i necessari approfondimenti dove, una volta concluse le procedure di identificazione, è emerso che si trattava proprio di Kingsly Okoase, sul quale pendeva il “fermo di indiziato di delitto” emesso in data 30 agosto dalla Procura della Repubblica di Ferrara per il reato di tentato omicidio aggravato.

Quella di via Oroboni, secondo la ricostruzione fatta dalla questura e dalla procura, è stata una violentissima ritorsione nei confronti del 26enne Steven, reo di aver collaborato con la polizia a fine giugno, quando fece ritrovare il machete utilizzato in una rissa scoppiata in zona Nord-Ovest, in via Lavorieri. A incastrare gli autori ci sono anche le immagini delle telecamere di sicurezza di alcune attività, oltre che delle intercettazioni.

In tutto le persone che avrebbero agito sarebbero state cinque, ne mancano dunque ancora due all’appello.

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