Lettere al Direttore
4 Settembre 2018

Basta coi reazionari

di Redazione | 3 min

Gentile Direttore,

Lei è tendenzialmente un fascista. S’è smascherato con l’editoriale del 31/08 allineato ai più corrivi “commenti digitalmente illuminati” ospitati dal Suo giornale: dimostrazione che non si tratta solo di liberale apertura a tutte le opinioni. Sotto sotto, c’è una benevola acquiescenza al populismo.

Per Sua fortuna è comparsa l’assennata lettera del 03/09 che l’invita a rinsavirsi, spiegando come si fa: tenga la luce accesa e guardi dalla finestra. Una finestra in via Alberto Lollio in effetti è un ottimo osservatorio per spiegare l’evoluzione della città. Forse può guardare anche da una finestra sul cortile. Così la smette di gingillarsi con tutte quelle fittizie notizie sui nigeriani che spacciano, picchiano i carabinieri e vengono subito rimessi in libertà appena li fermano.

Debbo farle notare che anch’io risulto fascista. Quindi, camerata, pare che siamo sulla stessa barca, perché parlando di strade che non contenevano solo saracinesche abbassate e bar non ho constatato una rovinosa deriva antropologica, no, no, mi sono solo autodenunciato quale nostalgico di un tempo perduto. Da nostalgico a fascista il passo è breve per gli intelligentoni nostrani fortemente refrattari a tutto ciò che abbia a che fare col lavoro vero. Cioè con una delle cose buone che hanno connotato la nostra civiltà.

Ferrara aveva, non per merito dei ferraresi, il petrolchimico più importante d’Europa per almeno 10 anni, a detta dello scomparso prof. Luciano Gallino (noto sociologo di sinistra) in diverse sue opere, smascherandosi così anche lui come nostalgico reazionario. Ecco perché i ferraresi di sinistra non hanno mai notato niente di diverso da uno stipendificio.

Che l’importanza de petrolchimico non fosse solo chimica non interessava agli indigeni, pochissimi dei quali sanno che molte norme impiantistiche europee sono nate a Ferrara. E così per gli studi d’ingegneria al servizio dello stabilimento bisognava ricorrere a Milano, e per il gigantesco indotto, idem. Abbiamo l’unica fabbrica di questo tipo al mondo che non abbia generato un indotto locale.

Molto meglio i bar. E con la cultura da bar qui autorizzano mega centrali elettriche a bassa densità occupazionale invece di reparti chimici.

Con la stessa usta provano a spacciare finte geotermie riscaldate a gas e decidono pure sugli ospedali. Un’architetta bolognese ha percepito circa un milione di euro per venire tutti i giorni a spiegare alla direzione del S. Anna cos’era tutta quella documentazione.

Ovvio che, grazie al crollo di alcuni pannelli dai contro soffitti, quando a Cona ho potuto notare la qualità impiantistica da ciappinari m’è scappato da ridere. Per non piangere.

Tornando dalle vacanze ho trovato una fila di lampioni nuovi, di un tipo ancora diverso dagli altri. Qui si fatica ad avere uniformità lampionaia lungo uno stesso tratto di strada. Ormai ce n’è a decine di modelli: W la standardizzazione! Quando in futuro sostituiranno qualche pezzo si pagheranno prezzi da favola per prodotti introvabili. Ma finora non c’è problema perché ad Hera piace così. Oggi le caditoie vicino a casa mia sono ricoperte da uno spesso strato di foglie. Utilissime ad impedire l’ingresso delle acque meteoriche, così non sporcano le condotte.

Devono aver spiegato all’assessore ai lavori pubblici che il ristagno d’acqua in sé non è un problema: sparisce per evaporazione. Un fenomeno fisico con interessanti parallelismi politici e sociali: ci fosse uno Zygmunt Bauman a Ferrara individuerebbe i segnali in corso dell’evoluzione da società liquida a società evaporante. Siamo al top, è chiaro. Allora perché voler cambiare manovratori tanto arguti e geniali? Andiamo al bar, dai.

Paolo Giardini

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