Attualità
27 Agosto 2018
La pronipote: "Siamo in contatto con il russo che l'ha ritrovata, ora speriamo di riportarla in famiglia"

Nel ’42 un soldato scomparve sul fronte russo. Dopo 76 anni la sua gavetta ritrovata su Facebook

di Redazione | 4 min

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Nevio Bonfà (archivio privato familiare / Unirr)

di Martin Miraglia

Tra il 1941 e il 1942 un militare di Quistello, comune in provincia di Mantova, venne spedito in Russia. Il suo nome era Nevio Bonfà, nato nel febbraio 1921 e appena diciottenne all’avvio della seconda guerra mondiale, venne prima arruolato con la leva obbligatoria e poi assegnato al quindicesimo battaglione ‘Guastatori di Fanteria’ per venire spedito a combattere sulle rive del Don, in quella porzione di territorio che i soldati italiani chiamarono ‘cappello frigio’ e che si può localizzare nei pressi di Donetsk, nella Crimea ancora oggi contesa tra Ucraina e Russia.

Dal fronte, Bonfà, spedisce lettere e cartoline ai genitori e alle due sorelle a Quistello, l’ultima delle quali datata 6 dicembre 1942. Fa gli auguri “con stima” per le imminenti festività natalizie. Dieci giorni dopo verrà dichiarato disperso “sul fronte russo in località non nota” dal ministero della guerra, la famiglia ne viene notificata e passati altri tre mesi viene dichiarato caduto.

Una cartolina militare inviata dal fronte di Nevio Bonfà alle sorelle (archivio privato familiare / Unirr)

Da allora e per 76 anni, su quel soldato della campagna di Russia la cui storia è racchiusa in un dossier preparato da alcuni membri dell’Unirr per conto della famiglia, non si saprà più nulla: il suo destino è evidente ma il suo corpo non è mai stato recuperato. Almeno fino all’inizio della settimana, quando la sua gavetta — il porta rancio dei soldati, nda — non compare su Facebook, postata da un cultore della materia in contatto con un cittadino russo che l’ha recuperata non si sa bene come ma capisce dalle incisioni sul metallo di cosa si tratti e chiede aiuto tramite i social media a storici e appassionati italofoni per rintracciare i suoi discendenti. Alcune migliaia di condivisioni dopo li trova: la pronipote, una dipendente del Comune di Ferrara, vede il post mentre scrolla il suo flusso di notizie, prima non ci fa caso e poi perde un battito. “Più di uno, in realtà”, spiegherà lei ad Estense.com, “all’inizio non riuscivo a rispondere per l’emozione”.

A ricostruire la catena che ha portato a quella che sembra essere l’imminente consegna del cimelio ai familiari è la stessa pronipote di Nevio Bonfà, Silvia Pivetti. Lei stessa è di origini mantovane, ma da decenni si è trasferita a Ferrara dove adesso lavora come dipendente pubblico. “Tale Andrej ha chiesto a un amico russo che parla italiano [e vive a Zukov, nei pressi di Mosca, nda] di mettersi in contatto con qualcuno in Italia”, spiega. Da lì parte un’email destinata a Fortunato Galtieri, uno degli appassionati della storia della campagna di Russia e che gestisce tra le altre cose un gruppo sullo stesso social network dedicato ai caduti in quel fronte, il quale decide di pubblicare il botta e risposta e la foto sulla pagina Facebook dell’UNIRR, l’unione nazionale italiana reduci di Russia.

Il messaggio non ottiene particolari condivisioni, ma è solo il primo tassello della vicenda. “Il post”, continua ancora Pivetti, “viene ripreso da Pino Macrì che lo condivide  a sua volta”. Anche Macrì è un appassionato della stessa materia, e nei primi commenti usa i tag per segnalare la notizia ad altri ‘colleghi’ della sua zona che potrebbero essere interessati al ritrovamento. Macrì, infatti, risiede nella zona della locride, in Calabria, e ‘ingannato dal cognome crede di aver circoscritto la provenienza di quel soldato scomparso alla sua. Si sbaglierà, ma non è importante: per le ragioni sconosciute del web questo secondo annuncio guadagna una certa viralità e viene condiviso oltre duemila volte mentre dall’interrogazione dei database disponibili online sui caduti e i dispersi in Russia si iniziano a trovare tracce che portano al mantovano.

È a questo punto che il miracolo si compie: un amico di Facebook di Pivetti condivide lo stesso post e più o meno negli stessi momenti si fa vivo anche un parente più lontano dello stesso Bonfà per segnalare l’esito positivo del ritrovamento, dopo i precedenti sempre da parte della pronipote che negli anni scorsi non erano invece andati a buon fine. Da lì allo scambio dei contatti è ormai è un attimo: “Lunedì mattina un mio amico di Quistello pubblica questo post. All’inizio non ci stavo dando peso”, racconta ancora Pivetti, “poi leggendo nome, cognome e data di nascita sono andata a controllare con il foglio matricolare che avevamo a casa dello zio di mio papà ed era davvero lui. Non sono riuscita per un periodo nemmeno a rispondere perché mi tremavano le mani. La storia di ‘zio’ Nevio la sento raccontare da quando ero piccola, non solo da sua sorella ma anche da sua mamma perché sono riuscita a conoscere la mia bisnonna. In più per la maturità ho portato le sue lettere originali dal fronte come spunto per parlare della seconda guerra mondiale che avevo usato nella tesina. A quel punto mi sono messa in contatto con Galtieri e Macrì, e ci siamo scambiati i numeri di telefono e ho ottenuto l’indirizzo email di questo cittadino russo”. A fatiche ricompensate, Pivetti esprime gli stessi concetti anche su Facebook.


“Ora”, conclude Pivetti, “non vediamo solo l’ora di far ritornare quella gavetta in Italia e tra le mani della nostra famiglia. Ci sono alcune potenziali difficoltà ma sono fiduciosa. È importante anche perché la zona della scomparsa [di Nevio Bonfà, nda] è un’ansa del Don nella quale non si può andare a scavare perché è geopoliticamente una zona calda”.

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