Lettere al Direttore
20 Agosto 2018

L’eterna fallacia del sistema italico

di Redazione | 4 min

Chi ha seguito la tragicomica storia dell’ospedale di Cona ricorderà i servizi riguardanti la perizia sulla qualità del cemento inferiore a quella prescritta dal Capitolato, per cui l’aspettativa teorica di vita della struttura campestre s’è dimezzata: dai 100 anni di durata prevista da progetto, precipita a 50 anni. Una sberla per l’INAIL, la proprietaria, che sottratti i 20 anni del cantiere-lumaca può contare su una durata utile di appena 30 anni. Non è andata meglio alla città di Ferrara che s’è vista sottrarre ben di più: l’ospedale cittadino in cambio di un caduco ospedale sostenuto dal cartongesso.

Comunque, quegli articoli su una nefandezza aggiuntiva di Cona rivelarono anche una sorprendente informazione generale: il cemento armato è stato depennato dalla lista dei beni durevoli. Come si concilia allora l’evanescenza cementizia con l’affidabilità delle opere pubbliche?

In tanti vediamo i ferri rugginosi emersi da vecchi piloni in cemento armato, ma constatando che i ripristini non li fa mai nessuno, da incompetenti, abbiamo immaginato che il danno fosse estetico, non strutturale. Invece i crolli di ponti costruiti quando si credeva che il cemento armato fosse quasi eterno dimostrano che da anni incombe un problema reale di inaudita gravità.

“Tragedia annunciata!”, gridano i genovesi per quel ponte dalla struttura azzardata che palesava tanti problemi, prodromi dello schianto. Gli strutturisti (ingegneri specialisti, non chiacchieroni da bar) scettici su quella bizzarra opera strallata, indicavano un solo rimedio ai guai: demolizione. Cioè debacle economica e disastro nella viabilità locale. Una decisione che presa da politici al potere o dai dirigenti delle aziende coinvolte significava l’automatico disastro delle rispettive carriere.

Molto meglio rischiare, quindi, come avvenuto. Infatti, il rischio corso per due decenni ha premiato le posizioni apicali salvo le ultime rimaste col cerino in mano e, sopratutto, i morti innocenti. Ma non si mettono mai i morti nei preventivi delle responsabilità, perché il rispetto di Leggi e Regolamenti vigenti vale più delle polizze assicurative. Non per nulla la società autostrade ha dichiarato di non aver mancato di effettuare sul ponte Morandi i regolamentari controlli periodici.

Che poi i Regolamenti finora non tengano conto della breve vita del cemento armato, per cui passati X anni di servizio questo debba essere considerato robusto come la ricotta è roba da normatori, non da gestori. Perciò nessun giudice potrà esimersi dall’assolvere chi ha rispettato Leggi vigenti.

È emozionante come una fiction osservare gli intelligenti risultati prodotti da questa Legalità, vero? Sta di fatto che l’osservanza all’artificio chiamato Legalità che è sempre valido in sé a prescindere, come fosse Verità Rivelata dall’Altissimo, è proprio ciò di cui si fanno vanto i reggitori della cosa pubblica che non saprebbero montare da soli il kit di un tavolino Ikea.

A Ferrara, ne abbiamo tanti. Sono quelli della finta accoglienza a profughi (finti e non) che vale finché lo Stato elargisce 35 euro a testa, poi li si butta in strada ad arrangiarsi; sono quelli entusiasti della finta geotermia riscaldata a gas da appioppare a chi ci crede; sono quelli che autorizzano un vecchio stabilimento chimico ad investire in una mega centrale elettrica invece che in nuovi reparti chimici, fingendo di credere alla favola dell’energia offerta a minor costo; sono quelli dell’ospedale deportato in campagna perché – promettevano solennemente – là parcheggeranno tutti gratuitamente, e quando è risultato vero il contrario si sono rassegnati (loro!); sono quelli della finta Tariffa Puntuale dei rifiuti, che di puntuale ha solo la scadenza dell’esagerato pagamento; sono quelli che non immaginano neppure la necessità della ferrovia per i Lidi, ma si esaltano per la finta asta navigabile sul Volano come se fosse sul Danubio; sono quelli dell’inceneritore a 5 km dal Duomo, dell’ospedale a 12 km, e dello stadio a km zero che ad ogni partita costringe a blindare un quartiere, imprigionandovi non per finta gli abitanti, gli stessi della GAD che già si imprigionano ogni sera col coprifuoco imposto per forza di cose da esuberanti finti profughi di colore.

Sono quelli che ritengono sia immorale non riconfermarli sulle poltrone a cui sono affezionati. Dopo tanto patire per le piaghe da decubito sulle natiche, si aspettano un po’ di gratitudine.

Paolo Giardini

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