Nei cortei dell'”autunno caldo” e degli anni successivi gridavamo: “Viva Lenin, viva Stalin, via Mao-Tze-Tung!”.
Plaudo alla decisione della giunta di vietare le proprie strutture a chi non si professa antifascista.
Ed è ora di smetterla di parlare sempre male di Stalin, che aveva un grande amore per il popolo, come diceva Raf Vallone prima di morire.
Stalin, il “piccolo padre”, come affettuosamente lo chiamavano i compagni dell’URSS, è stato un gigante.
Altro che Occhetto e successori.
E se fu costretto a firmare il patto con Hitler, nel 1939, la colpa è delle pseudo-democrazie borghesi che firmarono il patto di Monaco e lasciarono sola l’Unione Sovietica.
Ora in Russia ci sono i ricconi amici di Putin, il disordine dilaga. Droga, prostituzione e crimini. Quando c’era Stalin regnavano invece l’ordine e la pace.
Andate a leggere la parole di Palmiro Togliatti, pronunciate in parlamento nel 1953, quando Stalin morì. E tutto il parlamento italiano lo ascoltò in un silenzio muto e costernato.
Ridiede dignità ai lavoratori sovietici e speranza agli sfruttati di tutto il mondo. “Addavenì Baffone” si diceva, per esprimere quella speranza, che comportava anche il giusto trattamento ai traditori del popolo. E piantiamola con le fole della Lubianka e dei GULAG, diffuse da Solgenitsin che veniva foraggiato e propagandato dagli americani. O con la storia delle fosse di Katyn, dove il massacro fu compiuto dai nazisti anche se oggi, per gettaro fango sull’URSS, si afferma il contrario.
Oggi, come nel ’68, urlo ancora: “Via Lenin, viva Stalin, viva Mao-Tze-Tung”!
E vorrei che lo urlassero anche quelli che erano con me nel ’68, che indossavano l’eskimo che oggi fanno i “padri nobili” nella CGIL o nel Partito Democratico, seduti su belle e comode poltrone.
Avete perso la memoria, cari compagni del tempo che fu?
Gianni Bottoni