Eventi e cultura
15 Maggio 2018
Il progetto delle comunità ebraiche per una diversa fruizione della storia, dopo Roma arriva a Ferrara

Due chiacchiere in salotto con i testimoni della Shoah

di Redazione | 3 min

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di Lucia Bianchini

Raccontare la storia in un contesto più familiare e accogliente, nel salotto di casa. Questo il proposito degli incontri promossi dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con il Miur dal titolo ‘Zikaron Ba Salon’ (Conversazioni in salotto), che hanno permesso agli studenti di incontrare testimoni della Shoah in un ambiente più informale delle aule scolastiche.

Il progetto, coordinato a Ferrara dall’Istituto di Storia Contemporanea, ha coinvolto tre classi di tre istituti scolastici cittadini e si è svolto lunedì 14 maggio, in tre diverse case di famiglie ebree ferraresi.

Ospiti di Jose Romano Levy Bonfiglioli sono stati i ragazzi della scuola ‘Dante’, a cui ha raccontato le sue sensazioni di bambina di cinque anni che ha vissuto gli anni della guerra in Bulgaria, nazione in cui grazie all’intervento del re e del patriarca ortodosso sono stati salvati dalla deportazione 48mila cittadini bulgari di religione ebraica.

“Questa salvezza è stata un evento eccezionale, la Bulgaria era alleata della Germania, ma vi era sempre stato un buon rapporto di convivenza tra culture diverse, – ha spiegato la padrona di casa ai ragazzi-. Vi era poi una chiesa greco ortodossa molto coraggiosa e ‘amica’ degli ebrei, e il patriarca della mia città, Filipopoli, è intervenuto in modo che non fossero deportati. Il merito va anche al primo ministro Peter Peshcev, che non si attenne all’ordine di deportazione, che trovava ingiusto”.

Nel giardino della villa della loro famiglia, che ha ispirato Bassani per ‘Il Giardino dei Finzi Contini’, Renata e Andrea Pesaro hanno accolto la classe 4G del liceo Roiti: “Questa casa è per noi un forte legame con i nostri nonni materni – spiega Andrea Pesaro -. Mio nonno Silvio Magrini era presidente della comunità ebraica di Ferrara e nel 1943 era ricoverato in ospedale. L’11 novembre arrivarono i fascisti che lo catturarono, lo portarono nella sinagoga di via Mazzini e insieme a tutti gli altri fu avviato prima verso Fossoli poi ad Auschwitz nel febbraio 1944, dove fu ucciso all’arrivo. Stessa sorte toccò alla moglie, mia nonna Albertina Bassani, che quando deportarono il marito era in campagna ad assistere sua madre. Seppe della deportazione dopo tre mesi, e non sapeva se rimanere dalla madre ammalata oppure raggiungere il marito, che sapeva che era già in Polonia. Le sue incertezze sono state risolte da altri, è stata arrestata e deportata appena arrivata a Ferrara”.

Nel salotto della sua casa di via delle Erbe Marcella Ravenna ha raccontato alla classe 5G dell’istituto Orio Vergani la storia di suo padre, Eugenio Ravenna, uno dei cinque sopravvissuti ad Auschwitz, concentrandosi in particolare sul silenzio di suo padre su questa parte della sua vita. La seconda parte dell’incontro si è incentrata sugli studi di Marcella Ravenna relativi ai carnefici e alle vittime della Shoah e sulla ricerca di Simon Wiesenthal, che alla preghiera di perdono di un nazista morente pensa che non può perdonarlo a nome di tutti, quindi inizia a chiedere a diverse persone nel mondo cosa avrebbero fatto al suo posto.

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