Delle accuse sugli appalti e sulle varianti nella costruzione dell’ospedale di Cona rimangono ormai solo le macerie fumanti. Anni di complicate indagini, intercettazioni, accusati eccellenti, udienze fiume a discutere di varianti, varianti di varianti, resistenza delle costruzioni, qualità del calcestruzzo, a distanza di dieci anni sono esplose come bolle di sapone: una marea di assoluzioni, una sola condanna a 6 mesi per un fatto minore (ancora da valutare in appello). A mettere quella che probabilmente sarà la parola fine (almeno a livello giudiziario) a una delle vicende più controverse degli ultimi decenni ferraresi ci ha pensato la Corte d’Appello di Bologna, che non solo ha respinto l’appello presentato dalla procura estense contro parte delle assoluzioni del primo grado, ma ha anche reso più solide quelle stesse assoluzioni, cancellando anche quell’ombra di dubbio che la formula “il fatto non costituisce reato” conserva, trasformando tutto nella certezza – giuridica – che “il fatto non sussiste”.
Dopo le ultime arringhe difensive, nel pomeriggio di venerdì i giudici della Corte d’Appello hanno rigettato la richiesta di condanna a un anno e tre mesi di reclusione, avanzata giovedì dal procuratore generale per il capo d’imputazione numero 8 – l’unico non ancora prescritto – relativo alle posizioni di Carlo Melchiorri (direttore dei lavori), Giorgio Beccati (responsabile unico del procedimento), Ruben Saetti (presidente del Cda di Progeste) e Riccardo Baldi (ex direttore generale del Sant’Anna) per la perizia di variante numero 5, ovvero una cosiddetta variante delle varianti, che per la procura era illegittima.
E per queste posizioni è arrivata invece la seconda assoluzione, dopo quella di primo grado, ma con una formula migliorativa come chiesto con forza dalle difese: non più perché il fatto non costituisce reato ma perché il fatto non sussiste.
“Eravamo già soddisfatti in primo grado, non possiamo che esserlo ancora di più oggi”, commenta Lorenzo Valgimigli, difensore di Melchiorri. I giudici d’appello sono infatti entrati nel merito delle perizie di variante, facendo un passo ulteriore rispetto a quelli di primo grado che non si premurarono di valutare l’esistenza o meno del fatto, avendo escluso in via prioritaria l’esistenza del dolo, necessario per qualificare il reato. “Ho riproposto il tema perché non voglio che restino ombre – dichiara l’avvocato Valgimigli -: l’ospedale di Cona è stato costruito non solo da gente onesta ma anche nel rispetto della legge”.
Un’assoluzione così piena significa infatti che per i giudici non solo mancava il dolo, ma anche che – già a monte – le varianti fossero pienamente legittime: “Non era stato sforato il limite del 5% previsto dalla legge Merloni sulle varianti perché quel limite si applica alle varianti migliorative, che uno può decidere discrezionalmente se fare o non fare. Qui eravamo di fronte a una variante necessaria, impiantistica, dettata dal fatto che la Regione, in corso d’opera, decise che Cona dovesse essere un centro provinciale di analisi e i nuovi impianti vennero fatti dopo un’istruttoria tecnica durata due anni”.
Avendo rigettato il ricorso della procura estense, i giudici hanno pronunciato sentenza d’assoluzione ‘migliorativa’ anche laddove erano decorsi i termini per la prescrizione: per Melchiorri, Saetti e Baldi si tratta del capo d’imputazione 7 (perizia di variante numero 4); mentre Beccati è stato assolto con la nuova e più ampia formula anche per i capi 5, 9.1 e 10. Per il resto la sentenza di primo grado e confermata nelle parti che erano già pienamente favorevoli agli imputati giudicati in questa occasione.
Assoluzioni di questo tipo dovrebbero mettere al riparo gli imputati che erano anche pubblici ufficiali da eventuali pretese economiche da esercitare in sede di Corte contabile.
Per l’altro appellante, Roberto Trabalzini, i giudici invece hanno stabilito che l’atto sia inammissibile per carenza di interesse.
Sull’esito del processo si pronuncia anche Aldo Ferrante del Comitato vittime della pubblica amministrazione, presente alle udienze di giovedì e venerdì: “Con questa sentenza della Corte di Appello di Bologna, si chiude definitivamente un capitolo controverso della sanità ferrarese. A margine rimangono da definire alcuni aspetti minimali attinenti al pagamento delle parcelle degli avvocati difensori per alcuni imputati, riguardanti pure il processo svoltosi a Ferrara. Siamo fiduciosi che anche questo problema troverà quanto prima un’adeguata soluzione”.
A settembre verranno valutate le posizioni stralciate nell’udienza di giovedì per un difetto di notifica, ovvero quelle di Nicola Fakes (responsabile del controllo di produzione); Andrea Benedetti (l’unico condannato in primo grado, a 6 mesi di reclusione) e Guglielmo Malvezzi (capo commessa per il Consorzio Cona).
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