Spal
5 Aprile 2018
Il commento sulla Primavera del #22 tra ombre e passaggi a vuoto

Focus Spal. Borriello, un infortunio di immagine

di Federico Pansini | 6 min

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Sia chiaro, e lo scriviamo subito: la Spal bella, gagliarda e combattiva, unita in ogni sua componente (società-giocatori-tecnico-tifosi) non ha assolutamente bisogno di polemiche e nemmeno di nuvoloni fantozziani sulla testa. Non ha nemmeno, per inciso, bisogno di discutibili interpretazioni degli arbitri riguardo alla tecnologia Var che rischiano di minare quanto di buono mister Semplici e i suoi ragazzi stanno facendo sul campo da cinque gare a questa parte. Quindi avanti così, a testa bassa.

Ma il dovere di chi cerca di fare informazione e nello specifico informazione sportiva locale è, oltre a quella di raccogliere notizie, anche di riuscire a percepire l’umore della piazza, il sentimento popolare che nutre, come nel caso della Spal, il quotidiano e la vita di questa gloriosa società.

E oggi, l’unico pensiero capace di minare momentaneamente il sorriso convinto di un tifoso spallino, ha il nome di Marco Borriello.

Il centravanti prossimo ai 36 anni, curriculum da paura (Milan, Juventus, Roma tra le esperienze della sua lunga e prolifica, in termini di gol, carriera) è stato nel corso dell’estate 2017 quello che sulla carta rappresentava il vero e proprio colpaccio del mercato biancazzurro: ingaggio da ‘big’ (1.3 milioni di euro netti, fonte Gazzetta dello Sport, il più alto di tutta la rosa estense), arrivo in pompa magna a fine agosto con tanto di presentazione al “Paolo Mazza” e dichiarazioni altrettanto importanti («Voglio arrivare alla doppia cifra di reti segnate»).

Slogan e dichiarazioni che fanno parte del gioco,  il campo come sempre a fare da giudice supremo: inizio super, con il gran gol nella prima partita giocata a Ferrara a contribuire alla vittoria sull’Udinese.

Il primo e unico ‘timbro’ di Borriello con la maglia spallina, sino ad oggi.

Era il 27 agosto: da li in avanti, una spirale di prestazioni poco convincenti – coinciso con il periodo più difficile di tutta la Spal -, qualche acciacco fisico e quella ‘macchia’ del 10 dicembre scorso, in occasione della sfida contro l’Hellas terminata sul 2 a 2. Il numero 22 che esce dal campo al termine di una prova non eccelsa, i fischi di larga parte del pubblico, la reazione non ‘oxfordiana’ dello stesso giocatore, quella dura del cuore del tifo spallino dai gradoni della Ovest con cori eloquenti. Atmosfera rovente, un bel problema per una squadra che ha dannatamente bisogno di tranquillità e compattezza per rincorrere la salvezza.

Segue, attraverso social, un lungo messaggio della pagina instagram ufficiale del giocatore con tanto di chiarimento rispetto a reazioni  del campo (“Mi dispiace molto per quanto accaduto domenica con la CURVA. il gesto dell’applauso era dettato solo dal nervosismo per la mancanza di risultati della mia Squadra e MIEI”). Poi, restando ai fatti, poco più di 7 minuti nell’ultima gara casalinga del 2017 contro il Torino e nel nuovo anno di Borriello in maglia Spal, in campo, non si hanno più immagini e nemmeno statistiche.

Un infortunio muscolare a poche ore dalla sosta invernale lo costringe ad uno stop: poco male, ci sono due settimane per recuperare. Ma poi i tempi si dilatano, ulteriormente: il giocatore al primo allenamento si ferma dopo pochi minuti, senza rientrare più. Ricaduta. Altro stop.

Non siamo medici, non entriamo quindi nell’ambito delle diagnosi e delle terapie. Quando ormai però l’assenza si prolunga al di fuori anche dei normali tempi di guarigione da un infortunio muscolare alimentando dubbi e voci più disparate (con aggiornamenti social che di campo poco hanno a che vedere) è di nuovo Instagram a fare da portavoce virtuale per il giocatore che, rivolgendosi  sempre ai tifosi (siamo certi che però non tutti gli sportivi ferraresi dispongano di strumenti social), entra nel dettaglio di un infortunio che implica cure specifiche e un programma differenziato.

La Spal nel frattempo attraversa le intemperie della mancanza di risultati e passa per il momento in cui pure la posizione di Semplici sembra traballante: ne esce più forte di prima. L’ambiente è compatto, unito, tremendamente ‘sul pezzo’.

Due mondi quelli di Borriello e della Spal che a raccontare l’evolversi di questa storia sembrano essersi distanziati anni luce, anche nelle sfumature.

Già, le sfumature. Che poi, in fondo, sono essenziali.

Perché se è pur vero che portando dentro una squadra un calciatore di questa caratura si ‘acquista’ il pacchetto completo (sponsor, presenza ad eventi, attività collaterali, vita parallela sui social network), è oltremodo acclarato – e lo dice la storia, anche dei giorni più complicati – che la realtà biancazzurra a partire dalla propria straordinaria dirigenza e dalla ancor più straordinaria storia, si leghi ai valori extra calcio, ancor prima che tecnici. Al senso di appartenenza.

Al legame, spesso viscerale, con la maglia, con quei colori affascinanti, con la gente spallina che non conosce alcun ostacolo di fronte ad una passione travolgente.

Non giudichiamo, non ne abbiamo strumenti e nemmeno il compito, l’uomo Marco Borriello.

Possiamo però ritenere che l’immagine data da Marco Borriello come spallino visto sino ad oggi, sia caratterizzata di tante stonature e passaggi a vuoto. Quelli che, qualcuno in maniera tecnica, catalogherebbe come errori di comunicazione.

Ma qui non si tratta di comunicazione, o forse si tratta di comunicazione e di contesto. Di realtà. Si tratta di aspetti che sono al momento scollegati, e che forse non si sono mai nemmeno avvicinati.

Perchè il tifoso della Spal non ha bisogno di social. Il tifoso biancazzurro ha bisogno di vedere i propri giocatori ‘dentro’ alla realtà del quotidiano, sia esso il centro “Gibì Fabbri” o lo stadio “Paolo Mazza” (due cognomi, ad esempio, di persone umanamente straordinarie proprio per la capacità di sapere ’arrivare’ ai cuori ed all’anima delle persone; ndr) anche quando non si può scendere in campo.  Al fianco dei compagni di squadra. Non a Milano, a Londra, a Formentera.

Il tifoso spallino ha bisogno di sentire la voce, in maniera concreta, più che rincorrere la connessione internet e le ‘stories’ di Instagram o gli status di Facebook.

Il tifoso spallino non ha certo bisogno che girino immagini – da verificare, ovviamente – di un Borriello in bicicletta per i viali di Forte dei Marmi e di una sua risposta ‘sono infortunato, la mia stagione è finita’ a chi gli chiede del perché non sia al fianco dei compagni durante la gara di Genova e in concomitanza con il ritorno in campo della squadra per gli allenamenti e in preparazione della sfida, durissima e importantissima, di sabato pomeriggio contro l’Atalanta.

Non crediamo che la salvezza di questo gruppo tosto di ragazzi altrettanto tosti, passi per la presenza di Marco Borriello in campo, perché i fatti dimostrano che la Spal ha trovato una sua quadratura, in cui cambiare elementi potrebbe essere rischioso e controproducente.

Crediamo piuttosto che Borriello abbia ancora l’occasione per portare un contributo alla causa: come vicinanza, come esperienza. Anche nel caso, come si vocifera, che questo strano e complesso infortunio al polpaccio lo possa costringere ad aver già chiuso la sua prima deludentissima stagione spallina (il contratto è biennale; ndr). Sarebbe l’unico modo per riabilitare un immagine, ad oggi, troppo avulsa da un contesto che ancora vive di sentimenti e sensazioni così pure e quindi, assolutamente, sacre.

A patto che l’orizzonte di obiettivi sia comune e la determinazione per raggiungerli la stessa, dando segnali forti e precisi ad una piazza così vicina come quella estense. Parlando chiaro e forte, azzerando quel muro (o filtro, in termini ‘instagramiani’) che da gennaio sembra aver avvolto senza alcun motivo apparente la punta napoletana. Non ne ha bisogno la Spal e non ne ha bisogno l’immagine di un professionista con 16 anni di carriera importante già in archivio.

Perché la storia biancazzurra ha un altro capitolo importante da scrivere nel suo presente e il percorso va affrontato correndo, come stanno facendo capitan Antenucci e compagni. Con la consapevolezza di non poter più aspettare chi ancora deve prendere il ritmo e rischia di essere lasciato, definitivamente, indietro.

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