Ricorso inammissibile. Dalla Cassazione arriva così la terza bocciatura per la richiesta di sequestro di beni per 15 milioni di euro alle banche Valsabbina e CariCesena che nel 2011 parteciparono all’aumento di capitale da 150 milioni di euro di Carife.
Lo stesso aumento di capitale considerato illecito e fittizio dagli inquirenti e che è al centro del processo penale che inizierà a giugno.
Per la tesi dei pm ferraresi quei 15 milioni (10 per Valsabbina e 5 per CariCesena) costituirebbero il provento del reato, ovvero dello scambio reciproco di capitale: le due banche avrebbero partecipato all’aumento di Carife che poi, ecco l’ipotesi di fittizietà, avrebbe restituito il favore poco dopo.
Nella scorsa estate già il gip Monica Bighetti aveva rigettato la richiesta della procura, sollevando dubbi sull’interpretazione normativa data (lasciando solo uno spiraglio per l’applicazione per una parte delle richieste nel caso di Valsabbina ed escludendo totalmente Caricesena); poi a gennaio i giudici del riesame avevano evidenziato che nel caso di Valsabbina sia intervenuta ormai la prescrizione, mentre per l’istituto di credito cesenate non sussisterebbe la necessità di procedere al sequestro, dato che quei soldi sarebbero comunque recuperabili a fine processo, in caso di condanna. I pm Stefano Longhi e Barbara Cavallo aveva proposto immediato ricorso per Cassazione ma la sorte non è stata migliore: e non dargli man forte ci ha pensato anche la procura generale che nell’udienza di lunedì ha chiesto ai giudici il rigetto del ricorso. E così avvenuto con la decisione di martedì mattina.
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