Attualità
11 Marzo 2018
Il segretario generale del sindacato a tutto campo su una diversa idea di stato sociale prendendo come spunto la chiusura delle strutture di Copparo e Ospital Monacale

Dal caso delle case famiglia alla necessità di un welfare universale. Zagatti (Cigl): “Lavoriamo per ridurre le diseguaglianze”

di Daniele Oppo | 4 min

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Dopo la chiusura di due case famiglia a Ospital Monacale interviene il segretario generale della Cgil, Cristiano Zagatti, che chiede che il settore venga regolamentato e ne spiega le ragioni, allargando la visuale sulla concezione che le diverse parti politiche hanno dello stato sociale e delle sue conseguenze.

«Dopo i recenti fatti avvenuti nel Comune di Copparo, l’ennesima emergenza per tutelare anziani e lavoratrici porta alla chiusura di altre due case famiglia a Ospital Monacale nel Comune di Argenta: probabilmente tre gocce del mare della provincia ferrarese – afferma Zagatti -. Il lavoro di denuncia e collaborazione con Amministrazioni, Itl, Ausl, forze dell’ordine a difesa dei più fragili – gli anziani – e dei meno garantiti – i lavoratori – sta portando alla luce, con fatica, ciò che come Cgil da tempo argomentiamo: servono regolamenti sui tre distretti che prevedano una valutazione di Comuni e Ausl prima dell’avvio di una casa famiglia».

Il segretario della Cgil riprende anche le polemiche che, proprio sul regolamento, si sono viste durante il Consiglio comunale del 7 marzo a Ferrara e prova a spiegare i motivi – tutti non condivisi dal sindacato – per i quali c’è chi si oppone a una regolamentazione.

«Da una parte anziani non sempre autosufficienti in contesti residenziali non adatti alle loro condizioni pur rispettosi della legge sull’abitabilità. Dalla stessa parte, nelle stesse case, lavoratori, o meglio quasi sempre lavoratrici sfruttate che svolgono oltre 240 ore di lavoro mensili come “socie-collaboratrici a progetto”, per compensi mensili di 900/1000 euro al mese. Dall’altra, spesso si trovano arguti professionisti sanitari, proprietari di immobili, finte cooperative che operano in tutta Italia, spregiudicati approfittatori senza scrupoli e non certo ingenui cittadini o “anziani” desiderosi di condividere la propria abitazione per aiutarsi l’un l’altro negli ultimi anni della vita».

Per il segretario Cgil, che viene dalla Funzione Pubblica che proprio di questi temi si occupa, la scelta di campo appare chiara anche dal punto di vista politico: sinistra da una parte – anche se titubante -, destra dall’altra.

“Per una parte politica, quella che propone di regolamentare, sembra chiara la scelta di campo, non netta ma chiara – spiega Zagatti -. Si pone l’obiettivo di non ghettizzare gli anziani e garantire loro un’adeguata assistenza e in parte migliorare il possibile livello di tutela dei lavoratori. Più efficace sarebbe stato vincolare l’apertura delle case famiglia all’autorizzazione sanitaria. Più coraggio avrebbe fatto bene. Per l’altra parte politica, quella che esce vincitrice dalle elezioni, sembra altrettanto chiara la scelta di campo, seppur con sfumature diverse, comunque certa è la conseguenza di questa scelta così come l’assenza di proposte alternative a tutela dei meno forti. Non approvare nulla significa mantenere l’esistente, un diffuso sistema di illegalità, a vantaggio di pochi”.

Il tema per Zagatti è però più ampio e non confinato alla case di cura ‘fai da te’, bensì legato a stretto giro con l’idea di welfare e di stato sociale su cui si confrontano piani e idee politiche di segno diverso.

“Le case famiglia, largamente volute da ognuno o non ostacolate da tanti, sono la risposta di mercato, liberale, a un bisogno sociale di cui le politiche nazionali non hanno voluto farsi carico – sostiene Zagatti -. Farsene carico richiederebbe politiche di redistribuzione della ricchezza, investimenti sul welfare universale. Conseguenze: abbiamo anziani ghettizzati e lavoratori sfruttati; famiglie che non sanno dove sbattere la testa e spesso costrette dalla pesante condizione di difficoltà economica a fare scelte sofferte per i propri genitori; amministratori locali che si devono barcamenare nella ricerca di un punto di equilibrio tra sfruttamento accettabile (?) e necessità delle famiglie; un sindacato con sempre meno strumenti per tutelare segmenti crescenti della società che versano in condizioni di difficoltà e con ancor meno alleati per attuare politiche di redistribuzione della ricchezza; politici che non hanno trovato, pur nella difficoltà dell’amministrare quotidiano, la forza di determinare gli spazi nella normativa nazionale per garantire maggiore uguaglianza sociale; altri politici che soddisfano il proprio ego con interventi roboanti la cui utilità in termini di miglioramento della condizione materiale di larga parte dei cittadini è nulla, mentre è molto concreta nel difendere, alimentare, perseguire quella mancata redistribuzione della ricchezza a vantaggio dei pochi ricchi e a scapito di chi ha meno”.

Ed è in questo contesto che, per Zagatti, “è sempre più evidente la necessità di lavorare su riduzione delle disuguaglianze sociali, contrasto allo sfruttamento e alla dignità dei lavoratori, legalità e sicurezza, e investimenti sul welfare universale se si vuole migliorare la condizione reale dei più. Il tema delle case famiglia rappresenta una straordinaria occasione per una riflessione più ampia per tutti i soggetti politici e sociali del territorio. Sarebbe opportuno farla e non solo nei consigli comunali – conclude il segretario -. La Cgil è disponibile”.

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