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1 Marzo 2018
Una mostra per indagare su contatti, rapporti, confronti

Spagna e Italia in dialogo nell’Europa del Cinquecento

di Paola Forlani | 3 min

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Si è aperta fino al 27 maggio l’esposizione “Spagna e l’Italia nell’Europa del Cinquecento”: una mostra per indagare su contatti, rapporti, confronti”.

Sono le carte più belle e significative del corposo fondo di disegni custodito nel Gabinetto dei Disegni e le Stampe delle Gallerie degli Uffizi, esposte nelle nuove sale dell’Aula Magliabechiana, per la maggior parte risalente alla donazione di Emilio Santarelli (1866), a cura di Marzia Faietti, Corinna Gallori e Tommaso Mazzati (Catalogo Giunti).

A partire dal Quattrocento la Spagna aveva iniziato il processo di unificazione che la portò a divenire una monarchia, e poi un impero a dimensione planetaria, sulla base di tradizioni artistiche complesse e diversificate.

Attorno al sedicesimo secolo, le tendenze politiche e intellettuali dei regni spagnoli e dei territori italiani andarono avvicinandosi con la conseguenza di continue sovrapposizioni, dal pontificato di papa Alessandro VI Borgia alla conquista dei domini napoletani, dall’annessione del ducato di Milano all’affermazione stabile dell’influenza spagnola sulla penisola italiana: una simile situazione portò anche a più stretti legami in ambito culturale, favoriti inoltre dalle rotte commerciali che collegavano stabilmente ormai le diverse sponde del Mediterraneo.

“Ogni artista e le sue opere sono infatti sempre il frutto di un’interrotta circolazione di idee e di forme – dice Marzia Ferretti, direttrice del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi e curatrice della mostra – e quindi scrivere sul disegno in Spagna, come su quello praticato in Italia o ovunque, significa ampliare costantemente gli orizzonti di ricerca giungendo a sfiorare il punto di rottura della nozione di scuola senza tuttavia rinunciare al recupero filologico del tessuto artistico di un luogo e all’analisi della trasmissione del sapere nelle diverse botteghe”.

La mostra si articola in una premessa e otto sezioni e per ricollocare le singole creazioni grafiche nel loro contesto di provenienza, il percorso include anche sculture, dipinti, esempi di oreficeria e arti applicate, con l’intento di suggerire utili confronti ispirati a uno sguardo multidisciplinare, assunto come principio ordinatore.

Nella premessa del percorso espositivo è stata messa la narrazione della situazione artistica della Spagna fra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, prima della formazione sul trono di Castiglia e di Aragona della dinastia asburgica..

La prima sezione presenta la produzione di quei pittori o scultori educatisi in Italia fra gli anni Dieci e Trenta del Cinquecento, da Berruguente a Bortolomè Ordóñez, fino a Gaspar Becerra; la seconda offre il confronto fra la figura umana e la rappresentazione del nudo di questi artisti e l’arte e la trattatistica italiana.

La terza sezione pone l’attenzione sull’importanza della pittura tosco-romana per la produzione spagnola agli anni Quaranta-Cinquanta, grazie a opere di Luis de Vargas e Luis de Morales accostate a fogli attribuiti a Sebastiano del Piombo e di Giorgio Vasari. La quarta si concentra invece sugli spostamenti degli artisti, tra cui spicca il caso emblematico di un pittore come El Greco, in direzione opposta, dall’Italia alla Spagna, e sul passaggio dinastico fra Carlo V e Filippo II, capace di portare un radicale ripensamento nelle dinamiche di Committenza della Corona.

Da qui si sviluppa, nelle due sezioni successive, un percorso nei disegni italiani legati alla decorazione della chiesa e monastero di San Lorenzo dell’Escorial e una riflessione sull’uso delle arti grafiche da parte di Filippo II per controllare e promuovere questo importantissimo cantiere. La settima sezione illustra le conseguenze della presenza di tali artisti e introduce alla grafica di alcuni autori spagnoli dell’ultimo trentennio del Cinquecento.

Il percorso espositivo si conclude con una sezione dedicata ai membri di due famiglie, i fratelli Carducci/Carducho e i Cascese/Cajés, e alla loro eredità artistica e teorica.

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