Un’email di posta elettronica certificata falsificata per far credere al cliente di aver dato corso a un atto giudiziario e giustificare così il pagamento ricevuto. Un’avvocata è stata per questo condannata alla pena di 10 mesi e 20 giorni di reclusione.
L’accusa nei confronti della legale – di cui omettiamo il nome per ragioni che hanno a che fare con la sua salute, che è stata determinante anche nella valutazione di pm e giudice – era quella di truffa, falso in atto pubblico e patrocinio infedele. Ma il gup, al termine dell’udienza in rito abbreviato, ha derubricato i primi due reati in tentata truffa e falso tra privati. La cosa non andò in porto e comunque l’atto contraffatto era solo la mail fatta pervenire al cliente.
“Anche se sono state parzialmente accolte le istanze della difesa – afferma Daniele Borgia, difensore dell’avvocata – una volta lette le motivazioni proporrò appello per veder riconosciuta la piena innocenza della mia assistita”. In ballo c’è infatti la sussistenza di un effettivo patrocinio, del quale neppure la parte lesa è riuscita a produrre atti, e la sussistenza del reato di truffa (seppure tentata), visto che il presunto ingiusto vantaggio (ovvero la ricezione di un compenso) sarebbe comunque precedente al raggiro compiuto dal legale falsificando l’email in cui faceva credere di aver depositato nella cancelleria del tribunale un’opposizione contro un decreto ingiuntivo.
L’imputata era già stata oggetto di altri due procedimenti giudiziari per condotte non limpide, ma in entrambi casi è stata assolta.
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