Politica
18 Febbraio 2018
Patto per la sicurezza con l’Interno. Franceschini: ““Abbiamo cattivi maestri che soffiano sulle paure”

Minniti a Ferrara annuncia 6 nuovi reparti delle forze dell’ordine

di Redazione | 5 min

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(foto di Alessandro Castaldi)

di Mattia Vallieri

“Mentre parliamo 6 nuovi reparti delle forze dell’ordine sono già operativi a Ferrara e rimarranno qua fino a che non avremmo fatto il patto per Ferrara sicura”. Parola del ministro dell’interno Marco Minniti che ha partecipato con Dario Franceschini all’iniziativa ‘Per l’Italia del coraggio. Per ogni euro speso in sicurezza, un euro speso in cultura’.

Lo stesso Minniti ha recepito la proposta del sindaco Tagliani (“noi siamo disponibili a sottoscrivere un patto per la sicurezza con il Ministero dell’Interno”) ed ha rilanciato: “Accolgo la proposta del sindaco di fare un patto per la sicurezza di nuova generazione. A Ferrara abbiamo aumentato la presenza militare e lavoreremo insieme per aumentare anche l’organico delle forze dell’ordine. In questi 14 mesi ho lavorato per avere un rapporto strategico con i sindaci per costruire insieme una politica di controllo del territorio”.

Ad aprire l’incontro è il ministro della cultura Dario Franceschini (candidato all’uninominale alla Camera): “Tema di un euro in sicurezza ed un euro in cultura è nato dopo gli attentati del Bataclan e l’Italia si è intestata questa proposta. La sicurezza in questa campagna elettorale sta coprendo tutto il resto e purtroppo è entrato nelle vite delle nostre persone come anche nella nostra città che non era abituata”. Secondo Franceschini “stiamo assistendo sempre più a leader politici che cavalcano le paure in campagna elettorale ed i fatti di Macerata lo dimostrano. Una volta i partiti di fronte a fatti come questo si univano ora anche su questo ci sono divisioni”.

“Dire che la sicurezza è un tema di destra e l’accoglienza di sinistra è un errore tragico perché devono stare assieme” prosegue il ministro ferrarese, convinto che “per spiegare le ragioni della sicurezza dobbiamo combattere la criminalità, anche quella micro. Tema oggi è molto sentito anche a Ferrara ma non si può risolvere con slogan o magliette ma con i fatti. Le paure vanno fronteggiate con la cultura e noi uniformiamo tutto ma non ci rendiamo conto che le persone che arrivano hanno storie e culture diverse per questo è fondamentale la conoscenza”.

La parola passa quindi a Minniti che è netto: “Consegniamo agli elettori un paese nettamente migliore del 2013 e il tema un euro in cultura ed un euro in sicurezza vale soprattutto per l’Italia. La questione era come garantire sicurezza senza far venire meno la fruibilità dei luoghi e non dirò mai sì ce l’abbiamo fatta ma ci siamo presentati al mondo come paese bello e sicuro, abbiamo valorizzato le nostre bellezze e il dato strepitoso è che in un momento dove c’è il pericolo terrorismo l’Italia ha avuto il record di presenze. Se lo avessero fatto altri questo risultato sarebbero andati in tv a reti unificati, noi invece siamo timidi a dirlo”. E ancora: “Parlando di terrorismo abbiamo incontrato anche cattivi maestri che volevano più sicurezza in cambio della libertà. La nostra sfida invece è stata mettere insieme libertà e sicurezza”.

L’attenzione si sposta quindi sul territorio e sull’accoglienza ed anche qua Minniti è tranchant: “Per la sicurezza di un quartiere servono politiche urbanistiche, di illuminazione pubblica e di integrazione. Il modello di Ferrara è quello che stiamo cercando di mettere in piedi per il paese con piccoli numeri e maggiore diffusione sul territorio per avere meno diffidenza. Al mio partito dico che ci sono i diritti di chi è accolto ma anche di chi accoglie e bisogna garantire entrambi”. Ma non solo: “Su questo tema si gioca la partita decisiva perché una politica che riesce ad integrare garantisce sicurezza. Noi siamo a ridosso di questo quartiere, le periferie, e sono molto contento che ce ne occupiamo. Abbiamo perso il contatto con alcune realtà e la sicurezza è un bene comune che non espone a rischi i ricchi ma chi ad esempio non può cambiare casa o città e se non ci sta il Pd di fianco a queste persone chi ci sta?”.

“Abbiamo cattivi maestri che soffiano sulle paure, che è un sentimento, ed è compito delle istituzioni e del Pd stare vicino a chi ha paura” afferma ancora il ministro dell’interno, sottolineando la “differenza tra noi e i populisti: noi cerchiamo di ascoltare e liberarli dalla paura, i populisti fanno finta di ascoltare ed il loro obiettivo è tenere le persone incatenate alla paura”.

Non manca un attacco al centro destra: “Non credete – tuona Minniti – a chi va in tv dicendo di risolvere il problema dei flussi migratori e chi dice che rimpatria 600 mila persone perché è lo stesso che quando era al governo ha fatto una sanatoria per 650 mila persone. se io avessi promesso rimpatri ed al suo posto avessi fatto una sanatoria oggi non avrei potuto sedermi qua, per cui chiedo solo par condicio di giudizio e trattamento. Non c’è nessuno con la bacchetta magica e noi abbiamo cercato in questi mesi di separare la parola emergenza da immigrazione che è un fenomeno strutturale”. E aggiunge, sempre sul tema immigrazione, che “la Libia non ha mai firmato la convenzione di Ginevra ma siamo riusciti a fare un accordo con il governo libico e l’Europa. Abbiamo aperto i primi corridoi umanitari ed oggi le persone con diritto di protezione internazionale non li portano più i trafficanti. Abbiamo iniziato anche i primi rimpatri volontari ed assistiti con un budget economico che permetta alle persone di rifarsi una vita”.

“Su questi temi noi ci presentiamo non su quello che faremo ma su quanto già fatto e tutto questo ha a che fare con la politica riformista” chiosa Minniti, analizzando in conclusione il voto del 4 marzo in cui, a suo parere, “ci sono tre blocchi: uno lo abbiamo già visto all’opera ed è un ritorno al passato, un altro è un passo verso l’ignoto e non si sa cosa vogliono fare e poi ci siamo noi e mai come ora il destino del paese e del Pd hanno punti in comune. Abbiamo una funzione nazionale ed un compito storico per cui togliamoci la sindrome dell’ombelico perché la gente vuole che gli indichiamo una strada”.

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