Attualità
12 Febbraio 2018

Il fuoco di Sant’Antonio e l’inefficacia della ‘segnatura’

di Redazione | 3 min

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Il medico Michele Franchi

Il medico specialista in Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica Michele Franchi spiega perché l’antica pratica della “segnatura” non è utile per curare il fuoco di Sant’Antonio.

Da una recente discussione alla quale ho personalmente preso parte nel gruppo Facebook “Sei di Ferrara se”, è emersa una sorprendente diffusione dell’antica pratica di “segnatura” del fuoco di Sant’Antonio, nella quale il popolo ferrarese della rete sembra ancora riporre particolare fiducia, senza distinzioni di età.

Il “segnatore” è un guaritore tradizionale, figura tipica della regione appenninica ma diffusa anche nelle nostre zone che, grazie a specifici rituali condotti sulla lesione, porterebbe ad una rapida risoluzione della stessa. I metodi di segnatura sono due: uno più “cristiano” che prevede l’uso di tracciare dei segni di croce sulla parte interessata con la mano destra bagnata di acqua benedetta e la pronuncia di formule associate che invocano la benedizione e la guarigione del paziente; il secondo più “profano” basato sul principio per cui il fuoco si scaccia col fuoco: le croci sono tracciate intorno alla lesione con pezzi di brace appena tolta dal fuoco o candele accese.

Rientrando nel ventunesimo secolo, occorre ricordare come l’herpes zoster, comunemente chiamato fuoco di Sant’Antonio sia una malattia virale a carico della cute e delle terminazioni nervose, causata dal virus della varicella. Infatti, dopo la guarigione di una normale varicella, il virus diventa latente nei corpi delle cellule nervose senza provocare alcun sintomo. Trascorsi anni o decenni, in genere in seguito ad uno stato di stress immunitario, può diffondersi lungo i nervi di un segmento interessato e infettare il corrispondente dermatomero, provocando una dolorosa eruzione cutanea ben delimitata con presenza di vescicole (evolventi in croste). Le aree colpite sono diverse: dal collo al torace, dal viso (particolarmente temibile la variante che interessa l’occhio) alla schiena. L’eruzione cutanea e il dolore solitamente regrediscono entro un periodo che va da tre a cinque settimane, ma circa un paziente su cinque sviluppa una condizione dolorosa chiamata nevralgia posterpetica, spesso di difficile gestione caratterizzata da un dolore estremamente persistente che può durare anche mesi o anni, assumendo caratteristiche diverse, ad esempio bruciore, dolore martellante o ipersensibilità al tatto. A seconda di dove colpisce, inoltre, l’infezione da Herpes Zoster può anche portare a conseguenze a livello del nervo ottico, dell’udito o del sistema cardiovascolare: studi scientifici hanno dimostrato un aumento del rischio di ictus e attacchi cardiaci nel periodo seguente l’infezione.

In Italia i casi di zoster sono circa 150 mila ogni anno, riguardando soprattutto le fasce d’età over 50. La terapia si basa su farmaci antivirali (aciclovir, famciclovir, valaciclovir, brivudin) in grado di ridurre la durata della malattia e il rischio di complicanze, oltre che su trattamenti topici con soluzione di alluminio acetato ed antidolorifici (dall’aspirina agli oppiodi fino ad antidepressivi ed antiepilettici nelle forme più resistenti).

La scienza medica ci offre anche la possibilità di prevenire l’insorgenza stessa dell’eruzione. Da qualche anno è infatti disponibile in Italia il vaccino contro l’herpes zoster, gratuito per i soggetti di 65 anni e per tutti gli over 50 che presentino malattie croniche e siano considerati a rischio. Il vaccino viene somministrato in un’unica dose, con l’effetto di rafforzare l’immunità naturale contro il virus e controllarne la riattivazione. E’ possibile prenotarlo richiedendo un appuntamento agli sportelli Cup ed alle farmacie convenzionate, senza ricetta del medico di medicina generale, che il paziente potrà comunque consultare per disporre di maggiori informazioni. La sua efficacia si attesta attorno al 70% e tende a diminuire con l’avanzare dell’età, tuttavia rimane elevata nel prevenire la nevralgia post-erpetica.
In sintesi, se la pratica di “segnare” il fuoco di Sant’Antonio rappresenta un curioso retaggio folkloristico del nostro territorio, degno di essere ricordato per ragioni antropologiche, la medicina ci mette oggi a disposizione strumenti efficaci e sicuri con cui curare o impedire lo sviluppo della malattia, strumenti da conoscere ed utilizzare per non perdere tempo (e magari anche soldi) con fantomatici segnatori.

Michele Franchi
medico specialista in Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica

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