Spettacoli
29 Gennaio 2018
A Ferrara Off il diario di Renzo Segre, ebreo torinese salvato dal padre di Piero Angela

Venti mesi per salvarsi dalla Shoah

di Redazione | 3 min

Leggi anche

di Federica Pezzoli

“Venti mesi”, questo il titolo della pièce andata in scena sabato 27 gennaio nella sala teatrale di Ferrara Off, in occasione della Giornata della Memoria 2018. “Venti mesi” è anche il titolo del diario di Renzo Segre, rimasto a lungo inedito (fino alla fine degli anni Novanta), a Torino nel cassetto della figlia, dal quale Giulio Costa e Margherita Mauro hanno selezionato i testi letti sabato sera dallo stesso Costa. Venti mesi, tanto è durata l’angoscia di Renzo Segre e sua moglie Nella, ebrei torinesi, per salvarsi dalla tragedi della Shoah. Unica speranza a tenerli vivi, la “sospirata meta”: “poter volerci ancora bene” in un mondo guarito dalla follia delle leggi razziali, del genocidio, della guerra.

L’unico modo che Renzo e Nella hanno per salvarsi dopo l’8 settembre 1943 e la nascita della Repubblica Sociale, niente altro con sé tranne due carte d’identità false e i vestiti che indossano, è nascondersi in un ospedale psichiatrico: Renzo si finge affetto da malattia nervosa, e non deve fingere poi così troppo per essere credibile, mentre Nella deve rimanere per assisterlo. Così hanno inizio quei venti mesi angosciosi, dal 1 dicembre 1943 all’8 maggio 1945, nella clinica di San Maurizio Canavese. Giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, si sente la pena, l’ansia, il terrore, crescere nell’animo di Segre e di sua moglie. “Pur colla sua fervida fantasia, Dante per i suoi dannati non ha immaginato una simile pena: attesa per sé e per i propri cari di un male atroce, eppure noi che questa pena abbiamo subito, possiamo dire che non è inferiore ad un sopportabile male in atto”. “Poter essere solo fucilati alla chiara luce del sole, e non torturati nelle tane delle belve in divisa, o, con lunga agonia, nei campi di annientamento, era un prezzo che molte volte avremmo voluto poter pagare, per scacciare la nube che ci soffocava”. Eppure rimane sempre quel barlume, quella piccola luce cui aggrapparsi: una disperata volontà di vivere.

Violenze, bombardamenti, delazioni, tutto intorno e dentro, nell’intimo, sembra crollare. Unico alleato: il direttore della clinica, il solo a sapere la vera identità dei coniugi Sagrato, come di altri “malati politici”, che lui stesso ha ricoverato. Quel professore, che dopo la liberazione diverrà il sindaco di San Maurizio Canavese e che ha rischiato la vita per i suoi pazienti, si chiamava Carlo Angela, antifascista, insignito della medaglia dei Giusti tra le nazioni per aver aiutato molti ebrei durante la Shoah solo dopo la sua morte. Sì perché anche lui, come i Segre, aveva mantenuto un riservato silenzio su ciò che aveva fatto durante la guerra per ebrei e partigiani. E così ha fatto anche suo figlio: il giornalista e autore televisivo Piero Angelo, che non ha parlato di suo padre e di ciò che, ragazzo, gli aveva visto fare nella sua clinica finché Anna Segre non ha pubblicato il diario di suo padre Renzo. Piero Angela e Anna Segre hanno raccolto il testimone della memoria dai loro padri, ora sta a ciascuno di noi non farlo cadere e trasmetterlo ai nostri figli.

Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.

 

OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:

Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com