Lettere al Direttore
24 Gennaio 2018

Razza e accademici

di Redazione | 3 min

Egr. direttore,

ho letto con attenzione la lezione svolta a scuola dal prof. Girolamo De Michele, soprattutto perché convinto, da sempre, che il razzismo sia la cosa peggiore che può scaturire dall’essere umano.

E’ proprio a partire da questa premessa che mi sento in obbligo di evidenziare che in quanto letto c’è qualcosa che non quadra.

Se è docente in una scuola di partito, è libero di inculcare ai suoi allievi tutte le ideologie che vuole.

Diversa cosa se si tratta di scuola pubblica in cui agli allievi dovrebbero essere impartite nozioni improntate alla sola verità e globalità dei fatti e non “adeguate” alle ideologie personali.

Vengo ai fatti: ben venga che quelle vergognose pagine della nostra storia non siano lasciate andare nel dimenticatoio, ma bisogna evitare che non vengano catalogate come “meschine” faziosità politiche qualora questi studenti decidessero di approfondire l’argomento, poiché questo avrebbe conseguenze molto più gravi dell’obblio. Queste nefandezze dovrebbero essere affrontate con scrupolosa onestà intellettuale ed esaminate unitamente a tutti gli altri “razzismi” che hanno sporcato la storia dell’umanità, quali che ne siano stati i regimi, le ideologie, le religioni e le persone che ne sono state partecipi e, con la loro accondiscendenza, la causa.

A questa “approfondita” relazione del prof. De Michele, pur circoscritta al solo regime fascista italiano, manca una parte fondamentate per essere considerata una ricostruzione storica, obiettiva e imparziale.

A mio avviso, per condannare (senza se e senza ma) quegli orribili fatti non si poteva sottacere il contesto in cui sono maturati e le persone che ne sono state artefici con la loro ambiguità intellettuale.

A tale scopo riprendo testualmente da: Mirella Serri – I REDENTI – ed. Corbaccio – ottobre 2005 (a tutt’oggi mai oggetto di smentite e/o querele, nemmeno dai tanti altri personaggi ivi citati quali sostenitori del fascismo e delle sue malefatte per poi diventare noti militanti comunisti.)

“Nel secondo semestre del 1938 il questionario promosso da Bottai veniva inviato ai presidi delle accademie, degli istituti e delle associazioni culturali italiane per censire gli universitari di razza ebraica. Risposero zelanti la quasi totalità degli accademici, salvo Gaetano De Sanctis e Benedetto Croce”.

Quello, a mio avviso, che per onestà andava stigmatizzato in questa lezione, è che firmarono più di seicento studiosi che poi sono diventati il simbolo dell’italia repubblicana democrazia post fascista.

 “Luigi Einaudi, senatore e professore universitario, futuro presidente della Repubblica;  Norberto Bobbio, filosofo e ideologo della sinistra; Concetto Marchesi, docente all’università di Padova, deputato alla costituente nel 1946; Natalino Sapegno; Gioele Solari;, Amintore Fanfani, professore alla Cattolica di Milano e futuro presidente del Consiglio  dell’Italia repubblicana; Francesco Boncompagni Ludovisi dell’accademia dei Georgofili di Firenze; Vittorio Emanuele Orlando, già presidente del Consiglio prima dell’avvento del fascismo; Ivanoe Bonomi, presidente del Consiglio nel 1921 – 22 e nel 1944 – 45. A rispondere furono anche altri scrittori, filosofi e giuristi, come Giuseppe Flores d’Arcais; Ugo Betti; Francesco Carnelutti; Della Volpe; Vittore Branca, professore di Lettere nei regi Istituti superiori comandato alla Regia Accademia della Crusca di Firenze; il pittore Gregorio Sciltiani; lo scienziato Renato Dulbecco; il presidente dell’Istituto di studi romani di Roma Carlo Galassi Paluzzi e molti altri”.

Forse in Italia le cose vanno così perché la mala erba dell’opportunismo non è mai stata estirpata, anzi è sempre più viva e vegeta.

Cordiali Saluti

Giuliano Lugli

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