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17 Gennaio 2018
Mostra a Palazzo Pitti nelle sale dell’Andito degli Angiolini fino al 14 febbraio

Capucci Dionisiaco. Disegni per il Teatro

di Paola Forlani | 4 min

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Le Gallerie degli Uffizi in occasione del 93º Pitti Uomo presentano Capucci Dionisiaco. Disegni per il teatro. La mostra, per la cura di Roberto Capucci (catalogo Polistampa), è esposta a Palazzo Pitti, nelle sale dell’Andito degli Angiolini, fino al 14 febbraio.

La rassegna si compone di 72 opere su carta di grande formato che rivelano un Roberto Capucci inedito rispetto al suo primato di couturier d’Alta Moda che lo ha reso famoso nel mondo.

In quest’occasione, infatti, aprendo una nuova strada rispetto alla sua lunga attività dedicata all’universo femminile, Capucci ha voluto esporre una suite di disegni con un inaspettato e sorprendente repertorio di costumi maschili per il teatro che, sin dagli anni Novanta e nel più assoluto riserbo, gli sono stati ispirati dall’idea di una messinscena onirica, dando libero sfogo a un’inesausta fantasia d’artista affrancato dalle mode e dalle ribalte internazionali di tutti i tempi.

Un insieme di “follie” – come lo stesso Capucci afferma – e che non a caso ha scelto di presentare a Firenze, la città dove ha debuttato nel lontano 1951 con una sfilata “a sorpresa” nell’ambito della First Italian High Fashion Show organizzata dal marchese Giorgini e dove, nel solco di un’imperitura tradizione artistica e culturale, “sempre aperto è il dialogo fra passato, presente e futuro”.

Evento in cui Roberto Capucci – assurto all’Olimpo dell’arte travalicando i confini dell’Alta Moda. Un repertorio di costumi maschili ideati per uno spettacolo immaginario eppure plausibile a quanto la forza intrinseca del suo segno – inequivocabilmente – induce a fantasticare. Un sogno che, in segreto e nel silenzio della sua torre d’avorio, Capucci ha vagheggiato sin dagli anni Novanta sommando oltre un centinaio di costumi che l’idea di un’onirica messinscena gli ha suggerito e dove protagonista non è più la figura femminile – sua Musa d’elezione – ma quella maschile. Un uomo che Capucci si compiace di ritrarre astratto dal tempo e dalle stagioni – una dimensione assai naturale per l’artista – trasfigurandone i caratteri nell’aura mitologica di licenze poetiche sottese di simboli e fantasmagorie: figure apparentemente irreali, per lo più androgine, spesso inquietanti e misteriose quasi si trattassero di creature provenienti da un altro pianeta. Un pianeta dove l’uomo, scardinando ogni stereotipo dell’abbigliamento maschile, si ammanta di un estroso guardaroba degno della fauna esotica di un serraglio rinascimentale o delle funamboliche grottesche scaturite dalla visionaria fucina di Raffaello, e ne esalta il corpo in un caleidoscopico d’ibridi connubi rendendo maestoso il portamento di queste apparizioni simili ai fugaci travestimenti di un redivivo Dioniso e del suo camaleontico corteo.

“Quando disegno penso al futuro”, parole di Roberto Capucci che suonano come un assioma e una premonizione al cospetto di questa suite di disegni realizzati a matita su carta Fabriano di grande formato (cm 70 x 50), affrancata non solo dalla moda maschile tout-court ma anche dalle avanguardie del costume teatrale sulle ribalte internazionali di tutti i tempi. Una sequenza di composizioni – mai uguali – impostata su uno schema di un’esattezza geometrica che confina nell’utopia e che si condensa in un simbiotico rapporto di segrete armonie e tacite complicità. Sedotti da queste audaci comparse e dai loro trasgressivi costumi non esenti dalla regola di una loro reale messa in opera, si può affermare che questi fogli sono lo “spettacolo” dell’universo immaginifico di Capucci in cui si riverberano le sue mai disattese passioni e curiosità artistiche e i suoi reiterati viaggi sulle rotte antiche del Mediterraneo e le latitudini dell’India e dell’Estremo Oriente.

Capucci conferma di essere un unicum con la sua sorprendente inventiva – ben salda alla sapienza grafica e sartoriale – che intuisce aspirazioni che forse appartengono a un “uomo” nuovo o che forse è già stato: “Quando si parla di moda, io immagino arte, un’arte senza aggettivi”. Ѐ forse questo il segreto di Roberto Capucci.

Ѐ l’ora in cui la fantasia scatta, in cui principia il suo corso. E batte strade solitarie; compie viaggi verso contrade sconosciute. Ha una direzione precisa. Non si volta indietro, tiene lo sguardo diritto avanti a sé, verso il tempo che ci attende. E lì il suo Mondo si manifesta. Gli vengono incontro figure che popolano uno spettacolare teatro dell’immaginazione, una legione di personaggi maschili o sospesi in un androgeno limbo luminoso che compongono un archivio di memoria futura, figurini di spettacoli che potrebbero già essere e che forse saranno.

Un enigmatico mandarino, volto affusolato come uno stame, nell’arcobaleno cromatico di colletti e sbuffi di maniche, fra pantaloni e vesti a strati di pieghe, ci attende al varco. Potrebbe essere il Ciambellano che va in cerca dell’Usignolo, il cui canto commuove la Morte venuta per ghermire l’Imperatore della Cina nel Rossignol di Stravinskij.

Vengo a cantare dei tuoi giardini

Il fascino e la dolcezza!

Ah! La tua Notte farà posto alla chiara

Aurora.

Il fulgore del cielo,

L’aroma dei fiori si mescola nell’aria;

Raggi e profumi si uniscono,

Astri e rose si confondono.

Gocce di rugiada brillano come lacrime.

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