Politica
18 Dicembre 2017
A marzo 2015 il Governo studiò un intervento del Fondo interbancario convertendo i bond in azioni. Padoan: “Rimborsi per oltre metà delle obbligazioni azzerate”

Commissione Banche. C’era un piano alternativo per Carife ma non funzionò

di Daniele Oppo | 5 min

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Gli azionisti si sarebbero salvati, gli obbligazionisti subordinati no ma forse avrebbero subito una caduta meno disastrosa. Durante l’audizione in Commissione Banche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il dirigente generale del Mef Alessandro Rivera hanno rilevato il piano B per salvare Carife, che però non andò in porto.

Incalzati dal deputato di Liberi e Uguali Giovanni Paglia, Padoan e, soprattutto Rivera, hanno spiegato cosa accadde tra il marzo e il novembre 2015.

Tutto nasce con l’operazione Tercas. A marzo il Governo capì in maniera molto chiara che non avrebbe potuto utilizzare il Fondo interbancario di tutela dei depostivi (Fitd) come aveva intenzione di fare, ovvero per finanziare in maniera ‘secca’ l’aumento di capitale di Carife con 300 milioni. “La commissione europea si interessa del Fitd nell’agosto del 2014 per Tercas, chiedendo informazioni – ha spiegato il dirigente del Mef -. Poi nel marzo 2015 formalizza l’avvio della procedura per decidere che quell’intervento non è conforme agli aiuti di Stato. In quei mesi c’è una fitta interlocuzione”, ricorda Rivera, ma le argomentazioni del Governo “non hanno convinto commissione”.

Il cambio di strategia a marzo 2015: intervento del Fondo interbancario con burden sharing, ma senza azzeramento. Ed è qui che diventa chiaro che bisogna cambiare strategia: “Dopo la formalizzazione dell’avvio della procedura d’infrazione del marzo 2015, diventa nei fatti impossibile utilizzare il fondo di garanzia dei depositi senza contemplare anche il burden sharing”, ha spiegato Rivera. Ovvero ‘socializzare’ almeno in parte le perdite, chiamando in causa gli obbligazionisti subordinati. “Da lì in avanti si studia l’intervento sulle tre banche (Etruria, Marche e Ferrara, ndr) accompagnato da burden sharing con impatto sui creditori subordinati”. La soluzione prospettata è quella di far intervenire il Fitd per la ricapitalizzazione ma con lo scotto, almeno parziale, della “conversione delle obbligazioni subordinate in azioni, senza azzeramento”.

Aiuti di Stato e decreto salva banche. Una prospettiva che “va avanti finché la commissione non formalizza che anche quel tipo di intervento non è compatibile con il quadro normativo europeo, il che è novità rispetto a quanto formalizzato nel marzo 2015”. E si arriva così alla risoluzione e al famoso (o famigerato) decreto ‘Salva banche’, che azzera azionisti e detentori di bond, in cambio di un’intervento del sistema bancario con la formazione delle tre good bank, della bad bank e delle procedure per la vendita degli istituti risanati.

Paglia contro Padoan e Renzi. Secondo Paglia questa ammissione da parte del Governo, ovvero l’esistenza di un piano B, mai attuato e tenuto in larga parte segreto, “significa che obbligazionisti subordinati e azionisti erano già stati condannati a perdere tutto con più di sei mesi di anticipo. Peccato che nessuno ne fosse a conoscenza, né il mercato né i singoli risparmiatori, a cui invece per mesi veniva ancora raccontata, come nel caso di Carife, la favola della soluzione positiva grazie all’intervento del Fitd. Di tutta la questione Padoan informava e aggiornava compiutamente Renzi, come ci ha tenuto a farci sapere. Ho sempre avuto chiaro che c’era una chiara responsabilità politica nel disastro delle 4 banche e oggi ne ho avuto una conferma”.

In realtà era una soluzione sì mai annunciata formalmente, ma in parte emersa da indiscrezioni, almeno a settembre, come testimonia un articolo de Il Sole 24 Ore. Rimane però, che quando l’assemblea straordinaria di Carife a luglio deve deliberare sull’intervento del Fitd, non sembra venga fatta alcuna menzione del burden sharing.

Il fondo volontario. Il ministro Padoan ha invece contraddetto quanto il presidente del Fitd aveva fatto intendere in una precedente audizione, ovvero che l’intervento del Fondo, nella suo ramo ‘volontario’, sarebbe stato possibile al posto del ‘salva banche’. “Maccarone adombra che ci sarebbero state risorse per gestire con il Fondo volontario le quattro banche, ma non mi risulta che sia così – ha affermato il ministro -. Non mi risulta che al momento di massima capienza del ramo volontario ci fossero risorse per coprire le quattro banche. È un’ipotesi attraente che certamente sarebbe stata perseguita ma non era disponibile a quanto mi risulta”.

Padoan ha spiegato anche il motivo per cui si è proceduto in maniera diversa per salvare le quattro banche commissariate, le banche venete e Monte dei Paschi: il cambio repentino del quadro normativo comunitario e la maggiore elasticità ottenuta nel frattempo dal Governo. Cosa che ha avuto un impatto anche sulla vigilanza.

I rimborsi. Il ministro ha poi dato alcuni numeri sulle procedure di ristoro per i risparmiatori delle quattro banche colpite dagli azzeramenti. “In nessuno dei tre casi è stato usato bail-in – rimarca Padoan – e obbligazionisti senior e depositanti sono stati integralmente protetti. Le prescrizioni della commissione hanno dovuto essere applicate e pertanto azionisti e detentori di titoli subordinati hanno dovuto condividere gli oneri degli interventi sopportandone le perdite, ma sono stati messi a disposizione strumenti di ristoro dei creditori subordinati al dettaglio. Coerentemente con il quadro normativo europeo sugli aiuti di stato queste forme di ristoro devono avere fondamento giuridico”.

Al momento, da quanto affermato da Padoan, sono “già stati rimborsati per le quattro banche regionali circa 167 milioni di euro a fronte della liquidazione di più di 14mila istanze su 16mila pervenute. Il Fidt stima che verranno rimborsati circa 190 milioni di euro”. Si tratta dei rimborsi forfettari, su circa 340 milioni di euro in obbligazioni azzerati, dunque i ristori tramite procedura forfettaria “ammontano a più di metà totale”.

Per tutti gli altri c’è l’accesso al meccanismo arbitrale, “gli atti amministrativi sono stati emanati a maggio 2017 e il termine e scaduto l’11 novembre scorso”.

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