Lettere al Direttore
17 Dicembre 2017

La storia di Igor simbolo di una giustizia che non funziona

di Redazione | 2 min

Egregio Direttore,
l’altra sera mi sono recato a far visita ad una anziana coppia di fratelli romani, amici da molti anni, e malati, che hanno deciso di trascorrere l’età della loro pensione in una villetta isolata di proprietà nelle campagne ferraresi.
Mentre stavamo chiacchierando è suonato il campanello: tutti meravigliati. Ho chiesto se aspettassero la vista di qualcuno, ricevendo risposta negativa.
Erano i Carabinieri del Comando Stazione di Mesola che si erano fermati per chiedere a chi appartenesse il pulmino parcheggiato davanti la casa dei due anziani. In realtà il mezzo in questione è di mia proprietà; per cui abbiamo tranquillizzato i militi dell’Arma.
Inutile dire quanto siano stati rasserenati i due solitari fratelli: un plauso mio personale e dei due fratelli romani ai Carabinieri di Mesola.
Dopo questo fatto, avendo assistito alla recente cattura di Feher/Igor in Spagna, non posso non ricorrere al pensiero che posso ritenere che molte altre persone avranno fatto:perché una giustizia italiana (con “g” minuscola) deve continuamente vanificare l’impegno delle FF.OO. che rischiano, tra l’altro la vita, con provvedimenti di clemenza o con sentenze che fanno ridere gli stessi delinquenti che ne beneficiano?
Perché la burocrazia italica, di fronte a provvedimenti di espulsione, non fa in modo che le persone indesiderate ed i delinquenti non vengano cacciati a pedate dal suolo di questa povera Repubblica e, magari, associati alle carceri dei loro Paesi?
Se il delinquente Feher/Igor fosse stato lasciato marcire in carcere (anziché liberato per due volte!) oppure fosse stato tradotto al suo Paese a scontare la pena, forse certe persone non avrebbero sulla coscienza la morte di persone innocenti, le ferite e le torture di persone indifese; proprio nelle campagne mesolane quel delinquente pare possa aver segregato e legato al letto per alcuni giorni un’anziana signora madre di un mio amico, che ne è uscita miracolosamente viva.
Ma hanno una coscienza certe persone? E quando mai pagheranno per i loro errori?
Perché di questo si tratta.
Perché dobbiamo avere due categorie di cittadini: quelli che sbagliano, e pagano altri con la propria vita, con ferite non solo nel corpo e violenze morali e fisiche; e quelli che se sbagliano pagano fino all’ultimo centesimo, perché magari non si possono permettere difensori di grido.
Perché la politica non si decide a scrivere norme chiare e precise per perseguire i delinquenti?
Quando finirà questa oppressione di stato (“s” minuscola) in Italia?
Dov’è la sicurezza che dovrebbe essere garantita costituzionalmente?

Lucio Maccapani

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