Attualità
18 Dicembre 2017
Sara Ardizzoni nella classifica di "Guitar players" con il suo ultimo album sperimentale. "Fa uno strano effetto, ma la soddisfazione è tanta"

Una ferrarese nella ‘hall of fame’ dei chitarristi internazionali

di Elisa Fornasini | 4 min

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Sara Ardizzoni (foto di Davide Pedriali)

Una musicista ferrarese è stata inserita nella ‘hall of fame’ dei migliori chitarristi a livello internazionale. Il nome di Sara Ardizzoni compare nella classifica della nota rivista americana “Guitar players” che, per i suoi 50 anni, ha pubblicato una top album list che segnala i 60 dischi più rilevanti e notevoli a livello chitarristico dal 1967 ad oggi.

Affiancata a mostri sacri come Jimi Hendrix, Eric Clapton e Jimmy Page, fa capolino anche Sara Ardizzoni, nome d’arte Dagger Moth, con il suo ultimo cd “Silk around the marrow” uscito nell’aprile del 2016, a tre anni dal disco d’esordio.

“Fa uno strano effetto, quasi surreale, ma la soddisfazione è tanta” ci confida la chitarrista ferrarese che ha iniziato la sua carriera solista nel 2012. “È un passo che rifarei: prima suonavo con tre gruppi ma tutti si sono arenati – ricorda la one-woman-band -, io non avevo voglia di star ferma e ho dato vita a un progetto tutto mio”.

Un progetto sperimentale, trasversale, che piace anche oltreoceano. “La classica idea della cantautrice con chitarra acustica non mi apparteneva – racconta Sara -, così ho cercato qualcosa che potesse scombinare le carte in gioco in un set più difficile da gestire ma che regalasse un grande senso di libertà”. Una libertà che corre su chitarra elettrica, voce ed elettronica, “creando live loop con totalità chitarristiche che animano le sue canzoni spigolose, sfacciate, amabili o pungenti, a volte nella stessa melodia”, si legge nella presentazione a lei dedicata di Guitar players.

“La mia musica è una strana miscellanea, un crossover di generi che mescola psichedelia, blues, elettronica e anche metal per creare un mix originale che evita di essere etichettato” spiega l’artista, doppiamente soddisfatta del prestigioso traguardo raggiunto perché “mi gestisco da sola da sempre, non ho agenzie o sovrastrutture”. Eppure la sua fatica discografica (autoprodotta) è volata – come una ‘falena col pugnale’, suggestiva traduzione del suo nome d’arte – fino in America.

La copertina dell’album (foto di Davide Pedriali)

“Ho un amico musicista a San Francisco che ha mandato il mio cd alla redazione di Guitar Players – racconta Ardizzoni – , ad agosto mi ha scritto il caporedattore della rivista per farmi sapere che il disco piaceva molto. Ma ho scoperto per caso la settimana scorsa che era stato inserito nella classifica, una bella sorpresa”. Per un album che si differenzia totalmente dal primo, dove “vado spesso  in sentieri imprevisti per non annoiarmi”.

“Il primo disco era un esperimento solista che ha avuto una gestazione al contrario, nel senso che prima sono partita coi live per vedere se riuscivo a gestire da sola il set, poi sono andata in studio con l’amico e vicino di casa Giorgio Canali. Per il secondo ho pensato invece a un’atmosfera più omogenea: prima ho lavorato ai testi, poi alle registrazioni con Franco Naddei che mi hanno permesso di collaborare con il mio chitarissta preferito, Marc Ribot, e infine al tour”.

Ma in “Silk around the marrow” cosa significa avere la “seta intorno al midollo”? “Mettersi a nudo completamente fa parte della mia idea di musica – rivela la cantautrice -, mi prendo dei rischi a stare sul palco da sola ma con questo approccio la musica crea un alone che mi protegge; una protezione morbida, elegante, attorno a un’idea di fisicità femminile, di corporeità, rappresentata nei testi e nella copertina dell’album”.

Una materialità che emoziona. “Per me la musica, oltre a essere una grande passione, ha un valore terapeutico. Per il futuro voglio dedicarmi a qualcosa di nuovo, il terzo cd ci scappa sicuro” rivela Dagger Moth che sogna di dedicarsi alla chitarra a tempo pieno (“la speranza di vincere la lotteria e vivere di musica c’è sempre, ma in realtà lavoro nella cartografia” scherza la musicista) e di portare le sue canzoni anche all’estero (“ho fatto centinaia di date in Italia ma a parte qualche concerto in Svizzera e Slovenia è difficile arrangiarsi da sola all’estero”).

E a Ferrara? “Appena uscito, ho presentato l’album a Zone K quando aveva ancora una sede – ricorda Sara Ardizzoni -. Negli ultimi anni sono venuti a mancare un sacco di spazi per suonare in città, tanti circoli hanno chiuso o non hanno una sede. Mi dispiace, è un mercato in crisi ma in altre zone manca un pullulare di piccole realtà. Certo, c’è la situazione del Torrione che è diventato un punto di eccellenza ma a Ferrara c’è un alto numero di musicisti che ha sempre meno spazi dove fare il musicista. Un paradosso da cambiare”.

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