Attualità
7 Dicembre 2017
Reazioni entusiaste in città alla notizia del possibile abbattimento. Ma credete davvero che eliminando le torri e i suoi abitanti calerà lo spaccio?

Confondere Grattacielo e degrado significa non capire il degrado

di Ruggero Veronese | 4 min

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C’è un pezzo di città che ha preso in maniera decisamente allegra la notizia della possibile demolizione del Grattacielo. “Era ora!”, “Finalmente un po’ di pulizia nel quartiere!”, “Che si trovino un altro posto per spacciare!”: frasi che evidentemente racchiudono il sentimento comune di migliaia di cittadini. Il Grattacielo, essendo diventato simbolo del degrado urbano, finisce per essere identificato col degrado stesso. Colpire le due torri significa, secondo molti, assestare un colpo decisivo anche allo spaccio.

Allora forse in tutti questi anni non abbiamo capito davvero un accidente del degrado urbano. Ne parliamo in continuazione, riempiamo giornali e social network di commenti polemici e facciamo le manifestazioni sotto allo scalone del municipio, ma in realtà abbiamo idee vaghe e confuse, spesso contraddittorie, a volte perfino dannose. Vediamo una situazione che non ci piace e vorremmo cancellarla dalla nostra vista per sempre: tabula rasa, senza troppe riflessioni sulle situazioni singole e sulle conseguenze pratiche del nostro bel giretto in ruspa.

Ma se le ruspe potessero arginare il degrado, per Ferrara invece delle camionette dell’esercito vedremmo girare dei bobcat. Invece è probabile che le demolizioni allontanino i residenti piuttosto che gli spacciatori, che anzi potrebbero essere ben contenti di non dover più incrociare chi solitamente fornisce segnalazioni e testimonianze alle forze dell’ordine, ovvero gli abitanti del quartiere. Con o senza Grattacielo, il parco antistante ha le caratteristiche ideali per un luogo di spaccio: è a poche centinaia di metri dalla stazione e da alcune delle principali fermate degli autobus, è facilmente raggiungibile in automobile, offre riparo alla vista e consente rapide fughe a piedi o in bici su almeno tre lati. Se ci togliamo anche quei (ormai pochi) residenti che frequentano il parco e svolgono una sorveglianza spontanea sul quartiere, l’area verde si potrebbe davvero trasformare nel paradiso dello spaccio libero. Più di quanto già non lo sia.

Per molte persone, questa confusione è dovuta a un preconcetto sbagliato: la convinzione che il Grattacielo sia sostanzialmente abitato da persone losche, veri o potenziali criminali, prostitute o spacciatori che si sono trovati un alloggio letteralmente a due passi dal posto di lavoro. È una convinzione profondamente sbagliata. È vero che – come in molti appartamenti della zona Gad – anche il Grattacielo è stato oggetto di retate e operazioni di polizia. Ma se la criminalità ha saputo appoggiarsi all’interno di palazzi da 10 appartamenti, è statisticamente molto probabile che ci riesca anche in un condominio che ne conta 180.

È colpa del palazzo, dei vicini di pianerottolo, dell’assemblea condominiale? No, è semplicemente colpa di chi vive di attività criminali e che quando finisce per essere arrestato, buona parte delle volte, è anche per merito dei vicini di pianerottolo. Gente onesta, che desidera vivere in un ambiente onesto e fornisce alla magistratura informazioni indispensabili. Se siete contro il degrado dovreste ringraziarli, difenderli e sperare che raggiungano gli standard antincendio richiesti dai vigili del fuoco (oltre che dal buon senso), invece di stappare lo spumante di fronte all’esproprio della loro casa. O se non altro pretendere di conoscere con esattezza cosa sorgerà al posto del Grattacielo e in che tempi verrà realizzato, perché non si può gioire per un salto nel buio.

Aggiungete anche un’altro dato: quello che è successo tre inverni fa – quando di fronte a oltre 200mila euro di morosità Hera staccò il riscaldamento all’intero palazzo – ha avuto conseguenze pesanti. Chi non pagava le bollette se ne è dovuto andare e la ‘qualità’ dei residenti rimasti (se mi passate il termine) si è alzata notevolmente. Chi ha creduto nel progetto di riqualificazione del Grattacielo ha investito di tasca propria migliaia di euro – a volte decine di migliaia – in nuovi impianti, nuovi collegamenti, riparazioni, bonifiche dall’amianto e altro ancora. Parliamo di investimenti che potrebbero andare completamente in fumo attraverso la procedura di esproprio, che tiene conto del semplice valore di mercato di un immobile, secco, e non del pregresso degli interventi che sono stati effettuati al suo interno. Chi ha investito i propri soldi non lo ha fatto per sentirsi identificare dai commentatori dei giornali, a pochi anni di distanza, come una delle cause del degrado urbano. Lo ha fatto proprio perché contro il degrado si è schierato in prima persona. E direi anche con molto più senso pratico di chi oggi spera in una salvifica demolizione.

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