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18 Novembre 2017
Nel quarto centenario della nascita le Gallerie degli Uffizi hanno voluto dedicare un’esposizione alla sua figura

Leopoldo de’ Medici. Principe dei collezionisti

di Paola Forlani | 5 min

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Enciclopedica figura di erudito, divenuto cardinale all’età di cinquant’anni, Leopoldo de’ Medici (Firenze, 1617 – 1675), figlio del granduca Cosimo II e dell’arciduchessa Maria Maddalena d’Austria, spicca nel panorama del collezionismo europeo per la vastità dei suoi interessi e la varietà delle opere raccolte. Servendosi di abilissimi agenti, mercanti e segretari italiani e stranieri, radunò, nel corso della sua vita, esemplari eccellenti e raffinati nei più diversi ambiti: sculture antiche e moderne, monete, medaglie, cammei, dipinti, disegni e incisioni, avori, oggetti preziosi e in pietre dure, ritratti di piccolo e grande formato, libri, strumenti scientifici e rarità naturali. Uomo scrupoloso e di indole riflessiva lasciò traccia delle sue predilezioni nella ricchissima corrispondenza intrattenuta con gli agenti, edita di recente e nota alla critica.

Leopoldo de ’Medici, da piccolo, era un bambino bellissimo. Lo testimonia l’imponente quadro che lo ritrae vestito alla polacca su un cavallo bianco dall’immensa criniera. Il dipinto, realizzato da Giusto Suttermans nel 1625 e rintracciato nel Castello di Konopiste in Boemia, è stato strategicamente utilizzato come immagine-logo della spettacolare rassegna su “Leopoldo de’ Medici Principe dei collezionisti”, (catalogo sillabe), allestita al pian terreno di Palazzo Pitti. Usare questa immagine come segno di richiamo è stata una scelta saggia, perché diventando adulto il principe Leopoldo, sul fronte fisico, peggiorò disastrosamente: la testa assunse la forma di un uovo bislungo, il naso divenne gobbo e adunco, il labro inferiore si fece pendulo e il mento cascante. Persino l’abilissimo Baciccio, nel ritrarlo in abito da cardinale, non riuscì a mascherare un tale coacervo di Imperfezioni.

Eppure, questo inguardabile personaggio merita di essere osservato con gli occhi della massima riconoscenza perché è anche grazie a lui se oggi Firenze e i suoi musei (Uffizi, Pitti, Archeologico e Museo Galileo) possono ostentare opere d’arte e collezioni uniche al mondo.

Nel quarto centenario della nascita di Leopoldo, le Gallerie degli Uffizi hanno voluto dedicare un’esposizione alla sua figura con lo scopo di presentare al pubblico esempi significativi del suo gusto nei diversi campi in cui esercitò la sua azione di conoscitore.

La mostra è stata affidata ad esperti come Valentina Conticelli, Riccardo Gennaioli e Maria Sframeli che da anni sono impegnati nello studio degli oggetti e delle carte documentarie, ovvero inventari e corrispondenze inerenti le collezioni e dalle quali sono emerse moltissime notizie inedite.

Alla sua morte la maggior parte delle opere a lui appartenute entrarono nelle collezioni granducali, e molte di esse furono espressamente destinate dal nipote, il granduca Cosimo III, all’abbellimento della Galleria degli Uffizi.

La mostra racconta questa storia così complessa e affascinante dividendo il vasto materiale per sezioni. Dopo aver incontrato il cardinale nel ritratto marmoreo che gli fece Giovanni Battista Foggini post mortem nel 1697, il visitatore si inoltra nelle sale e subito si imbatte nell’emozionante collezione di antichità assemblata dal principe. Anche senza volerlo l’attenzione viene attratta dal gigantesco fallo marmoreo su zampe leonine del II secolo dopo Cristo che domina la sala (il marmo è alto un metro e 40 centimetri, difficile non notarlo). Già al tempo del cardinale questo fallo destava pruriginose attenzioni tanto che il presule dette ordine di “situarlo dietro una porta, coperto da una testa di leone di cartone”. Fallo a parte, i pezzi forti della raccolta sono la celebre Venere Celeste, la raffinata figura di Offerente d’età tolemaica e il guerriero bronzeo di provenienza muragica. Di bellezza e perfezione assoluta è il piccolo Giove in maestà, una replica di età augustea di un bronzo greco che immediatamente ricorda i bronzi di Riace. Busti, lucerne, componenti bronzee di carri e altre curiosità (come lo “scheletro da tavola”, uno scherzoso memento mori che veniva posto sulle mensole dei romani) completano la ricca sezione di “anticaglie”.

Proseguendo si scoprono i vasti interessi culturali e scientifici del cardinale, che ebbe una formazione aperta e moderna e per questo si battè (purtroppo senza successo) per ottenere la revoca del processo di Galileo e la rimozione dall’Indice di alcuni suoi trattati. Ė commovente osservare come il cardinale ha religiosamente conservato compassi e strumenti di osservazione degli astri ideati da Galileo e a lui appartenuti. Promotore, insieme al fratello Ferdinando II, dell’Accademia del cimento, a Leopoldo piaceva molto sperimentare: lo incuriosivano le ampolle per fare il ghiaccio, gli igrometri, gli orologi e gli astrolabi, uno dei quali (bellissimo) è di fattura araba e risale al XIII secolo. E stupisce apprendere che Leopoldo fu anche un appassionato “collezionista” di parole. Entrato a far parte dell’Accademia della Crusca, prese molto sul serio il progetto di aggiornamento del Vocabolario e si mise a caccia di nuovi lemmi nei settori della marineria e dell’agricoltura, componendo lunghe liste di nomi destinati ad arricchire la terza edizione del Vocabolario. Lo sguardo curioso del cardinale si allargò alle terre lontane d’Oriente e Occidente. Dal Levante provenivano i nautili lavorati in Cina, le scatole di lacca giapponese e le armi indonesiane. Dal Nuovo Mondo, e precisamente da Teotihacan, era invece giunta – rarità delle rarità – la sorprendente maschera meso-americana di travertino verde traslucida.

Leopoldo espresse altresì amore e curiosità per ogni genere di manufatti provenienti dalla vecchia Europa. In mostra si ammirano, in particolare, mirabili oggetti in avorio e in pietre dure, come pure una sezione mette in evidenza la passione del nostro per i dipinti. Il cardinale – che fu egli stesso pittore dilettante – collezionò quadri di Tiziano, Pontormo, Botticelli, Parmigianino, Veronese, Bassano e Correggio, collocandoli nelle gallerie domestiche su pareti tapezzate di rosso, incorniciati in sfolgoranti cornici dorate e intagliate. In mostra se ne ammira una minima selezione, ma il visitatore è invitato a ritrovare i capolavori del cardinale tra i quadri della Galleria Palatina e degli Uffizi, aiutato da un logo speciale che evidenzia la provenienza leopoldina delle opere. Da ultimo, la mostra ci ricorda che fu proprio Leopoldo de’ Medici ad avviare la ricchissima collezione degli autoritratti degli artisti, oggi vanto delle Gallerie degli Uffizi.

Prima di lasciare la mostra è bene non dimenticare la sala dei disegni, posta all’ingresso dell’esposizione sulla destra. Qui ci si imbatte in una sublime selezione dell’imponente raccolta di disegni che Leopoldo assemblò con l’aiuto di Filippo Baldinucci e che venne a costruire il nucleo primigenio del mirabolante Gabinetto del Disegno e delle Stampe, altro vanto inestimabile degli Uffizi.

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