Bisogna ammetterlo, le donne sono sempre state migliori degli uomini, in tutto. Determinate, pazienti, infaticabili; capaci di raggiungere traguardi importantissimi e in ogni campo: cultura, sport, arte, spettacolo; nella medicina come nella ricerca, nell’imprenditoria, in politica e in ogni professione.
E’ anche vero che in ogni tempo e in ogni civiltà, l’esser donna ha significato discriminazione, avere meno opportunità e, quindi, meno diritti degli uomini.
Da qualche anno il 25 novembre si celebra la “Giornata mondiale contro la violenza sulle donne”. E’ già qualcosa. Sicuramente un modo per richiamare l’attenzione in merito alle crudeltà subite da mogli, mamme, fidanzate, lavoratici, studentesse.
L’8 marzo, poi, è la festa della donna e consumismo a parte, si presenta l’occasione per sottolineare il suo ruolo importante e fondamentale nella società. E dispiace pure che serva ancora una ricorrenza per ribadire l’importanza della donna nella storia dell’umanità.
Purtroppo, è pure vero che negli ultimi trenta-quarant’anni, almeno nelle società più evolute, la stessa donna si è resa protagonista anche per essere diventata come l’uomo. A iniziare da quegli ambienti di lavoro, pubblici e privati, dove la donna ha un minimo ruolo di responsabilità, non sempre ma spesso è prepotente e arrogante; ostenta il suo potere, poco o tanto che sia.
A parte queste situazioni, non certo di poco conto, non si può nemmeno tacere sul fatto che la donna da sempre vittima della violenza fisica e morale dell’uomo, a sua volta, lei stessa è carnefice di altre donne, di bambini, anziani e persino di uomini malcapitati. Infatti, se da un lato è vero che quasi quotidianamente la cronaca registra casi di femminicidio, suscitando l’indignazione generale com’è giusto che sia, dall’altro non sono più nemmeno pochi i fatti di violenza perpetrati dalle donne.
Non sembra neanche rilevante dire di quelle signore che nella varie trasmissioni televisive strillano, sbraitano, offendono ma è orribile pensare a quelle mamme che per un motivo o per un altro, subito dopo aver partorito sopprimono il loro neonato. Vengono in mente pure quelle maestre che nelle scuole materne e primarie, sono capaci di atti violenti nei confronti di quei poveri bimbi che gli sono affidati. Allo stesso modo, le infermiere negli ospedali, le assistenti negli ospizi e nei centri per disabili.
E poi ci sono le madri che usano i figli. Per far dispetto all’ex marito, compagno, sono capaci di fare in modo che i bambini non vedano i loro padri, sottraendoli così all’affetto e alle cure dell’altro genitore che rimane sempre il loro papà. E non si possono dimenticare i casi di giudiziaria che negli ultimi anni, in Italia, hanno occupato le pagine di cronaca per diverso tempo.
Ad Avetrana la piccola Sara è stata nascosta in un pozzo dallo zio, un uomo, ma dopo essere stata strangolata dalla zia e dalla cugina, due donne. Nel padovano, nell’autunno 2015, una giovane donna è stata massacrata dal suo compagno, un uomo, certo, ma con la complicità di due donne: la sorella e l’amica. E come dimenticare il caso Cogne e quello della povera studentessa inglese, ammazzata a Perugia il 1 novembre 2007?
Protagoniste sono anche le donne che all’interno delle varie organizzazioni criminali hanno un ruolo ben preciso e importante. Le donne, quindi, sono protagoniste sempre, nel bene ma anche nel male. Sono vittime di brutali violenze, ma loro stesse non di raro, ormai, sono responsabili di violenze. Sono uomo, però sono nato da una donna e mi sono sposato con una donna. Avevo quattro sorelle e sono zio di cinque ragazze e mi fa rabbia e sono preoccupato per ogni forma di violenza che possono subire e subiscono le donne. E sono però anche molto perplesso quando sento parlare di violenza di genere. Sarebbe allora più giusto dire con coraggio, senza falsità, retorica o ipocrisia, che la violenza è sempre contro i più deboli. E non è nemmeno vero che deboli sono sempre e solo le donne!
Fabio A. Armeli