Cronaca
15 Gennaio 2017
Riccardo a M. in caserma: “Non tradirmi”. E la madre grida il nome del figlio prima di morire

I baby killer ‘confessano’ nelle intercettazioni

di Redazione | 2 min

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Pontelangorino. “Mi raccomando, mica tradirmi”. Già prima di essere interrogati, nella sala di attesa della caserma dei carabinieri di Comacchio, i due baby killer di Pontelangorino si erano condannati. Ignari di essere intercettato, Riccardo aveva approfittato di quel momento di apparente tranquillità per verificare che l’amico non cambiasse la versione concordata.

“Che cosa ti hanno chiesto? Dimmelo, sbrigati…” – riportava ieri il Carlino -. Dove siamo stati, che cosa abbiamo fatto, se avevo la febbre. Tranqui”. E i calzini? “te li sei tolti i calzini?” – rivela il Corriere -. “Sì”. “E le scarpe?”. “Le ho cambiate, guarda…”. E mentre si attende per domani l’autopsia sui corpi di Nunzia Di Gianni e Salvatore Vincelli, emergono dettagli sempre più racapriccianti attorno al duplice omicidio.

“Li voglio morti, mamma e papà devono morire. Manuel tu mi aiuterai e io ti pagherò”. Così il figlio sedicenne si assicurava l’aiuto del migliore amico per compiere gli efferati delitti. E il film di quella notte tra martedì e mercoledì scorre secondo un copione ormai noto. Tra le 3 e le 5 entrano nella casa di via Fronte Primo Troncone. Riccardo attende nella sua depandance che M. compia il crimine per il quale l’ha assoldato. “Io ti aspetto qui. Tu li uccidi e quando hai fatto mi chiami”. M. entra nella stanza dei Vincelli. Salvatore si sveglia, tenta di inforcare gli occhiali (che i carabinieri troveranno sotto il letto) ma non fa in tempo. Il diciassettenne gli è sopra come una furia e lo colpisce con il retro dell’ascia. Una, due, tre volte. Nel mentre Nunzia si sveglia, grida il nome del figlio. Forse per cercare aiuto, forse perché preoccupata che gli accadesse qualcosa. Poi i sei colpi in testa che le tolgono la vita.

Poi M. torna da Riccardo: “fatto”. È il momento di far sparire le prove. Ecco sacchetti del pattume, corde e scotch “per non doverli guardare in faccia”. Il piano prevedeva di legare i piedi dei genitori a delle pietre e poi gettarli nel Volano.

Il giorno prima l’ultima discussione con la madre. Riccardo, già bocciato, voleva cambiare sezione. I genitori minacciavano di cacciarlo di casa una volta maggiorenne. E allora lo sfogo con l’amico. “Li voglio uccidere”. “Non passava giorno senza che mi dicessero che non valevo niente, che ero un buono a nulla, un fallito” dirà, secondo Repubblica, al gip. “Ma scherzi o lo dici davvero?” “Non scherzo”. Ed ecco l’accordo con M., “perché io non ne sarei stato capace”.

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