Goro
25 Ottobre 2016
Dopo le barricate di Gorino scelta una nuova destinazione

Dirottata la corriera dei profughi

di Marco Zavagli | 4 min

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Prima ha provato a fuggire dai carabinieri in auto poi, dopo essere uscito di strada, a piedi. È quanto accaduto nel tardo pomeriggio di ieri, mercoledì 17 aprile, quando una pattuglia dei militari di Goro ha notato una Volkswagen Golf guidata da un uomo che stava girando ad alta velocità per le vie del paese

 

Gorino. La strada comunale, unica via di accesso all’Ostello Bar “Amore e Natura” che la prefettura ha estratto dal cilindro per farne rifugio provvisorio di 20 profughi, è bloccata dalle 19. Automobili da entrambi i lati e, a mo’ di barricata, bidoni di ferro e bancali di legno. Sopra, davanti, dietro, tutt’attorno c’è praticamente l’intero paese di Gorino.

La frazione di Goro conta 600 anime. Almeno 300 sono presenti al presidio – tra strada e argine soprastante – organizzato in fretta e furia per impedire l’arrivo della corriera con a bordo venti profughi. Vengono da Nigeria, Costa d’Avorio e Guinea. Sono otto bambini e dodici giovani donne. Una è all’ottavo mese di gravidanza.

L’intero paese ha risposto così alla decisione del prefetto Michele Tortora di destinare gli ultimi arrivi nel loro piccolo comune, perso tra delta del Po e Boscone della Mesola, a 80 km di strada dal capoluogo. Dai paesini limitrofi di Goro e Bosco Mesola sono arrivati anche i rinforzi, “perché se oggi li mettono qua, domani potrebbero portarli anche da noi”.

Dopo i primi momenti di tensione, durante i quali comunque la situazione non è mai degenerata, i manifestanti mettono da parte i cori anti-Renzi, anti-Pd e anti-prefetto per attendere la decisione sperata. Che per loro può essere una sola: “fuori i profughi da qui; non li vogliamo, neanche donne e bambini”. Non sanno ancora che per motivi di sicurezza la corriera da lì non passerà. Il percorso è stato deviato per motivi di sicurezza. Sempre per motivi di sicurezza, tutt’attorno ci sono i carabinieri giunti da più parti: compagnia di Comacchio, radiomobile, stazioni di Goro, Massafiscaglia e Argenta. In più la Digos con il suo dirigente Scroccarello. Sul posto è arrivato anche il colonello Desideri. Segni che la situazione non era per nulla da sottovalutare.

E lo si capisce anche dalle parole dei presenti. Il paese, che vive quasi esclusivamente di pesca delle vongole e di quel poco turismo che passa dal porto, sembra avere una sola voce: “portateli in albergo, lontano, ma non qui”; “vediamo tutti i giorni in tv cosa succede”; “se li prendano in casa Renzi e la Boldrini”.

Alla paura per l’arrivo delle 12 donne e degli 8 bambini si aggiunge anche il timore che “chiuda l’unico bar del paese: ma come si fa a metterli nel bar ostello, che ora dovrà chiudere perché non ci andrà più nessuno. Senza contare che così si uccide anche l’unico sostegno del turismo, non verrà più nessuno a fare giri in barca”. Annemarie, la ragazza che lavora al bar ostello come cameriera, è già sicura di aver perso il posto: “come faccio io ad andare là alle 6 di mattina, con il buio, da sola? E se mi fanno qualcosa?”.

“Noi non siamo mai stati razzisti – ripete un anziano che in quell’ostello, quasi 60 anni fa, quando era un asilo, ci andava a scuola -, lo stiamo diventando, loro ci fanno diventare razzisti”.

Il sindaco dem Diego Viviani ha tentato una inutile mediazione con la prefettura dopo aver letto l’ordinanza. Il provvedimento lo ha preso alla sprovvista, “non ho nemmeno avuto il tempo di avvertire i miei cittadini”. E lui, pur diplomaticamente, fa capire di non essere d’accordo, vuoi “perché non capisco la scelta di Gorino, paese lontano dal resto della provincia. È una difficoltà oggettiva anche per le cooperative di accoglienza provvedere a cibo e quant’altro. Poi i collegamenti non sono semplici”. La sua speranza è che “il prefetto, dopo questo momento di emergenza, riesca a definire già domani una alternativa. Questa è stata una decisione affrettata”. Quanto ai suoi concittadini, Viviani sostiene che “nessuno ce l’ha con le 12 donne; si sentono non considerati da una decisione presa sopra le loro teste”.

E mentre qualcuno si prepara ad affrontare l’addiaccio, con tanto di pargolo sulle ginocchia, i dimostranti anticipano che “andremo avanti tutta notte, per tre giorni, per sei giorni, fino a quando il prefetto non prenderà in mano il telefono e dice di portarli altrove”. Non sarà necessario. Attorno alla mezzanotte arriva la notizia che i venti profughi sono stati accolti in un altro comune della provincia di Ferrara.

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