Attualità
31 Luglio 2016
Il sacerdote: "Nessun risentimento se non il dispiacere di essere stato minacciato. Spero rifletta"

Don Bedin: “Chi aiuta di più diventa una vittima, ma andrò a trovarlo in carcere”

di Elisa Fornasini | 2 min

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don Domenico Bedin

don Domenico Bedin

“Mi dispiace perché speravo non insistesse nelle sue scelte, ma sono contento perché i miei confratelli truffati possono ora stare tranquilli”. E’ questo il commento di don Bedin all’indomani dell’arresto del suo finto ‘sosia’, Cristiano Perini, che negli ultimi mesi aveva imitato la voce del sacerdote ferrarese per estorcere denaro ad alcuni preti di Ferrara, Ravenna e Bologna, con la scusa di aiutare una famiglia in difficoltà.

“Non so perché mi abbia preso di mira, probabilmente perché chi aiuta di più diventa la vittima” dichiara, con un velo di amarezza, il presidente dell’associazione Viale K che a inizio anno aveva fatto uscire Perini dalla casa circondariale per affidarlo ai servizi sociali come misura alternativa al carcere per una precedente condanna.

La prossima volta che il vero e finto don Bedin si incontreranno sarà dietro le sbarre, però per rimanerci. “Lo andrò a trovare in carcere – rivela il sacerdote – perché voglio bene a sua mamma e perché voglio instaurare dei rapporti per tornare a farlo riflettere. Spero che smetta di fare sciocchezze e capisca che non si può vivere così”. Di tempo per meditare ce ne sarà: il prete fasullo deve scontare in via Arginone la pena residua di un anno e cinque giorni e a breve dovrà rispondere delle altre truffe online a lui attribuite negli ultimi mesi.

“Non ho motivi di risentimento se non constatare questa situazione che può fare del male alle persone che hanno subito raggiri” ma anche allo stesso don Bedin, forse perseguitato perché “ha intuito che potessi essere l’anello debole: le persone abituate a dare senza ricevere son più fragili e ricattabili”. Come dimostrato dalle ultime minacce telefoniche.

“Dal punto di vista personale mi è dispiaciuto essere stato minacciato – racconta il don – con diversi messaggi per intimorire, chiedere denaro, ricattare. Episodi probabilmente dettati dalla sua disperazione nel vedere che insistevo per il suo arresto, raccogliendo le testimonianze di chi è stato truffato. Il fatto è stato denunciato all’inizio della scorsa settimana e ringrazio la polizia che, quando ha capito la rilevanza della situazione, è riuscita abbastanza facilmente ad individuarlo ed assicurarlo alla giustizia. Stava diventando una cosa fantozziana”.

Nessun risentimento, quindi, ma tanta delusione. “Quando è arrivato nella nostra associazione aveva intenzioni buone, desiderava recuperare certi reati commessi precedentemente attraverso il volontariato come forma di riscatto. Le premesse erano buone ma dopo 2-3 mesi si è distaccato, ha preferito allontanarsi da noi e scegliere un’altra strada, forse più facile. Eppure è una persona intelligente, che ha delle grandi risorse e che può fare bene. Non ha bisogno di sotterfugi per vivere e spero che lo capisca mentre affronta la sua condanna”.

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