A caccia di pokémon… anche sulle tombe e lapidi dei martiri
Certosa piena di pokéstop. Ce ne è uno anche sulla targa della liberazione, ma non per liberare Pikachu e company
La mania di Pokémon Go non conosce limiti. Nemmeno a quanto pare quelli del rispetto. Neanche per i morti. Non c’è da stupirsi, quindi, se avvistate dei giovani con lo smartphone in mano puntato verso una tomba o una lapide dei caduti. Probabilmente è perché lì c’è un Pokéstop dove fare il pieno di oggetti utili per proseguire il cammino di allenatore virtuale di questi animaletti tascabili.
È vero che la realtà aumentata non conosce confini ma, almeno, non dovrebbe travalicare quelli della pubblica decenza. Se l’obiettivo dell’applicazione virale lanciata da Nintendo è, come recitava la sigla del popolarissimo cartone animato: “acchiappali tutti”, questa ‘cattura’ potrebbe almeno non scomodare chi riposa in pace.
La Certosa, ad esempio, è piena di tombe-pokéstop. All’entrata del cimitero monumentale, nei pressi di un santuario, c’è pure una palestra, ovvero un luogo in cui i giocatori possono far scontrare le proprie creature per difendere o conquistare il territorio.
È un ‘punto di interesse’ anche la lapide dei caduti della seconda guerra mondiale in via Canonici in ricordo di tre partigiani fucilati dai nazifascisti il 23 aprile 1945, all’alba della liberazione. Settantuno anni dopo la ‘liberazione’ più attesa è quella di Pikachu e company.
Una storia che, per chi non fosse appassionato del videogioco, è quasi ai limiti della realtà. Quella reale, però.