Cronaca
6 Luglio 2016
Smantellato sistema illegale per il ricongiungimento familiare: i 'clienti' pagavano oltre 8mila euro

Case vuote e talpa in prefettura, 40 indagati per immigrazione clandestina

di Ruggero Veronese | 4 min

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20d5f96d-06e4-441d-b43a-c7d9e60fb55aBastano pochi ingredienti per creare un semplice ma efficace sistema di immigrazione clandestina: alcuni appartamenti a disposizione e un buon aggancio negli uffici della prefettura. Questo quanto emerso dall’inchiesta portata a termine dalla squadra mobile della polizia di Stato e dalla procura di Ferrara, che in queste ore hanno inviato gli avvisi di fine indagine a ben 40 persone (38 stranieri, prevalentemente cinesi, e due italiane) che dovranno rispondere a vario titolo di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, corruzione e falsità materiale commessa da pubblico ufficiale.

Secondo le ricostruzioni della squadra mobile dal maggio del 2012 – quando prese il via l’indagine – a oggi quasi un centinaio di persone sono entrate in Italia, transitando per breve tempo per Ferrara per poi trasferirsi in altre città. Il tutto sfruttando in maniera fraudolenta la formula del ricongiungimento familiare che consente, a chi dispone di un reddito e di un alloggio sufficienti a garantire un tenore di vita dignitoso, di ottenere il permesso di soggiorno per i propri familiari ancora in madrepatria. Una normativa che però, per questioni economiche e culturali, viene vissuta come un ostacolo soprattutto da parte della comunità cinese, abituata alla condivisione degli spazi e che spesso si ritrova a dividere appartamenti tra più famiglie. O addirittura – i casi sono innumerevoli in tutta Italia – a trovare un alloggio e un lavoro in nero direttamente nei locali di qualche laboratorio o ristorante di proprietà di un connazionale, in condizioni più vicine a un rapporto di servitù che di lavoro dipendente.

Questo il motivo per cui la comunità cinese in particolare può trovare utile una ‘scorciatoia’ burocratica che consenta di maturare i requisiti per il ricongiungimento familiare. E il sistema che si era strutturato a Ferrara era la soluzione perfetta al problema: per un costo totale di circa 7-8mila euro, gli stranieri interessati riuscivano a ottenere a tempo record tutti i permessi necessari per l’immigrazione dei propri familiari in madrepatria. A gestire il tutto erano in particolare tre donne cinesi, dette Li, Kelly e Silvia, che mettevano in contatto i ‘clienti’ con chi aveva a disposizione gli appartamenti (necessari per certificare sia lo stato di residenza che ‘l’alloggio dignitoso’) e poi portavano le pratiche al proprio contatto in prefettura, un’impiegata che – a quanto ci risulta attualmente – è stata trasferita ad altro incarico ma rimane al lavoro in prefettura.

Come mai l’impiegata (che dovrà rispondere di corruzione e falsità commessa da pubblico ufficiale) si prestava a questo sistema? I vantaggi che ne derivava, in realtà, non erano molto ingenti: secondo gli inquirenti qualche cena offerta nei ristoranti cinesi e alcune piccole somme di denaro (50 o 100 euro alla volta) come ‘mancia’ per il servizio. È però possibile che a influenzare il suo comportamento sia stata anche la sua sfrenata passione per il gioco d’azzardo e i videopoker: secondo la squadra mobile la donna mostrava infatti chiari sintomi di ludopatia e arrivava a spendere oltre 300 euro al giorno alle macchinette. Le modalità con cui operava erano, in un certo senso, blindatissime: la donna riusciva a ‘ripulire’ completamente le pratiche da ogni traccia di irregolarità e nessun collega o superiore si sarebbe potuto accorgere di quanto accaduto. E il vero rapporto familiare di chi inoltra le richiesta – registrato nelle anagrafi e negli archivi di paesi esteri – non è direttamente verificabile dagli enti di controllo italiani. È stato solo grazie alla segnalazione di una cittadina filippina che nel maggio 2012 l’indagine ha preso il via e per portarla a termine è stato necessario intercettare oltre 7mila telefonate.

Tutti i 40 indagati compariranno davanti al gip del tribunale di Ferrara il prossimo settembre, quando il pm Giuseppe Tittaferrante chiederà per tutti il rinvio a giudizio. Tra questi sarà presente anche un’avvocatessa ferrarese, che secondo gli inquirenti avrebbe presentato alcune delle pratiche ‘truccate’. I 38 indagati stranieri sono invece tutti cinesi (con l’esclusione di un cittadino tunisino e uno marocchino): alcuni di loro mettevano a disposizione gli appartamenti necessari alle pratiche burocratiche (e dovranno rispondere di favoreggiamento), altri, indagati anche per corruzione, hanno materialmente presentato le domande false e pagato per ottenere ingiusti vantaggi.

Aggiornato alle 18:45

A poche ore dalla conferenza stampa in questura giungono alcune richieste di precisazione da parte dell’avvocato Salvatore Mirabile, legale dell’impiegata della prefettura. Mirabile smentisce seccamente le accuse alla propria assistita, affermando che ogni pratica da lei gestita era visionabile anche dai tre colleghi dello stesso ufficio, e che le forze dell’ordine sono incaricate di verificare la veridicità dello stato di residenza dei cittadini stranieri che fanno richiesta di ricongiungimento familiare. La dipendente della prefettura ha anche avviato un’azione legale per calunnia contro la donna filippina dalle cui dichiarazioni è sorta l’indagine della squadra mobile.

L’impiegata, secondo quanto riferito dal suo legale, non era nemmeno in possesso delle password necessarie per eseguire le operazioni necessarie per i reati contestati, e dopo l’avvio dell’inchiesta è stata demansionata ad altri incarichi. Gli avvisi di fine indagine sono stati ricevuti dagli indagati all’inizio di giugno.

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