Non comprò 11 sterline in oro per poi rivenderle senza la necessaria autorizzazione, violando così la legge, ma semplicemente per fonderle. Una compro oro – Alessia Sita – è stata assolta dal giudice Maria Rita Baldelli “perché il fatto non sussiste”.
La difesa – sostenuta dall’avvocato Gianni Ricciuti del foro di Ferrara – ha dimostrato come le 11 monete, per la cui vendita è necessario ottenere chiedere l’autorizzazione con comunicazione alla Banca d’Italia, non furono acquistate per rivenderle successivamente come invece sosteneva la Procura sulla base delle indagini condotte dalla Guardia di Finanza, che denunciò l’esercente nel 2013 dopo una serie di controlli senza esito per tutto il resto. Le monete infatti, come è stato provato in giudizio, vennero infatti portate a fondere, normale attività dei compro-oro.
Ma la difesa si è spinta oltre, dimostrando che anche l’acquisto fosse perfettamente legittimo: per l’oro definito da investimento (monete dal 1800 in poi, lingotti ad esempio) l’acquisto è possibile solo se la purezza è inferiore ai 22 carati (900 millesimi) e più simile ai normali oggetti di gioielleria e bigiotteria. Una prova “artigianale”, effettuata con un acido normalmente nella disponibilità dei compro-oro e ammessa in giudizio, ha infatti mostrato come alcune monete avessero un grado di purezza al massimo di 18 carati, il che potrebbe aprire le porte – ma bisognerà aspettare le motivazioni e lo sviluppo di una eventuale giurisprudenza sul punto – alla possibilità per i compro-oro di verificare volta per volta il livello di purezza dell’oro da investimento, oggi demandato a soggetti istituzionali.
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