“Tangatto”, uno spettacolo per sostenere i mici del gattile
"Tangatto", il nuovo evento benefico a favore dei mici del gattile e delle colonie feline di Ferrara si svolgerà il 4 novembre presso le sale del Ridotto del Teatro Comunale di Ferrara
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Domenica 26 ottobre, per la rassegna Serico Tonale, il Torrione ospita il progetto "Contrappassi”, sul palco i due musicisti: Leonardo Zunica e Leandro Lo Bianco
Prosegue domenica 26 ottobre la stagione di “Ferrara Musica al Ridotto”, con un giovane e talentuoso duo che accosta violino e pianoforte
L’attesa è finita, è arrivato l’ospite forse più atteso di questa prima edizione del Ferrara Film Festival: Michele Placido, uno dei più celebri nomi del cinema italiano, che come produttore sabato pomeriggio a Palazzo della Racchetta ha presentato in anteprima un nuovo progetto ideato e realizzato da giovani talenti italiani negli Stati Uniti.
Insieme a lui Luca Severi e Giovanni Labadessa, il regista e lo sceneggiatore di “Calipso”, il film prodotto da Michele Placido e dal figlio Michelangelo, le cui riprese inizieranno il 26 giugno nel deserto che circonda il Salton Sea nel sud della California.
Sono proprio loro, giovani italiani che vivono e lavorano a Los Angeles, a spiegare come è nato questo progetto. “Luca è venuto da me – spiega Giovanni – con un idea a mio parere pazzesca, mi ha detto: “sono stato a Salton Sea e ho visto Ulisse e Calipso, mi piacerebbe fare un film per raccontare la loro storia”. Per quel che mi riguarda io sono stato affascinato dal personaggio di Calipso: Ulisse è il naufrago per eccellenza, mentre lei è una ‘naufraga dei propri sentimenti’, che non sono sufficienti per trattenere Ulisse”. “La loro storia – aggiunge Luca – in realtà non viene raccontata da Omero: nell’Odissea ci sono l’arrivo e la ripartenza di Ulisse dall’isola di Ogigia, con la sofferenza di Calipso, ma non quello che è successo fra loro nei sette anni nei quali entrambi sono rimasti come prigionieri in quel luogo”. La storia d’amore fra un moderno Ulisse e una Calipso con sangue indigeno nelle vene, bloccati in un deserto sulle rive di un lago “nato per errore all’inizio del secolo, diventato meta turistica negli anni Cinquanta e poi divenuto inospitale a causa dell’inquinamento”, racconta ancora Luca: ecco il lungometraggio “Calipso”.
Un progetto di un gruppo di giovani con passione, entusiasmo e anche già diverse esperienze alle spalle, che secondo Michele Placido ha tutte le carte in regola per avere successo: “Eravamo a Los Angeles con mio figlio Michelangelo, che è sempre a caccia di idee. Ha cacciato questa e me ne ha parlato”. “La prima cosa che mi ha affascinato – spiega Placido – è stata l’ambientazione, un paesaggio incredibile”, dove a prevalere è la decadenza della natura e della società che ha tentato di piegarla, e poi “c’è questo aspetto intrigante di ambientare nel nuovo mondo una storia antica e senza tempo come quella di Calipso e Ulisse”.
Per Luca il loro punto di forza è proprio la collaborazione con il grande attore e regista italiano, che lui conosce “ormai da diversi anni, da quando ero ancora un operatore”: nello stesso tempo un’occasione per apprendere e farsi guidare da qualcuno con una grandissima esperienza alle spalle e un’opportunità “di maggiore spessore e maggiore visibilità” per chi cerca di farsi strada da emergente nei circuiti mainstream. “Sarete catapultati nel deserto solo voi ragazzi e i due attori protagonisti”, scherza Michele Placido: “Vi auguro buon viaggio e buon lavoro!”. Lui non parteciperà alle riprese perché a un certo punto “si diventa ingombranti”: con qualcuno più grande vicino è inevitabile la tentazione di chiedere cosa fare e come farlo. “Non fa bene a un’opera prima”, “questi ragazzi emergenti meritano un’autonomia totale”.
C’è stato poi spazio, con le domande del pubblico, per parlare più in generale delle differenze fra Italia e Usa nel settore cinematografico: “in Italia non si incontrano spesso persone come Michele Placido che ti incoraggiano a proseguire, capita invece che frenino il tuo entusiasmo”, confessa Luca, “negli Stati Uniti c’è più possibilità di accesso al finanziamento da parte di investitori privati che lo fanno sia perché è il loro mestiere come produttori, ma anche perché semplicemente amano il gesto artistico”. Giovanni, invece, parla del “mito hollywoodiano” che vede il cinema non solo come arte, ma come “busisness” che risponde a un bisogno, sia esso culturale o di intrattenimento: “a Los Angeles le persone credono che il cinema sia sì uno strumento per esprimere idee, ma anche uno strumento di crescita economica per il territorio”.
Infine, non poteva mancare la domanda sull’orizzonte del cinema italiano, su quale sia il futuro di chi come Luca e Giovanni, degli Ulisse contemporanei, sceglie di imbarcarsi in questo viaggio. Placido non sembra essere ottimista: “all’orizzonte non ci sono grandissime possibilità. Guardando questi ragazzi, che vanno a realizzare i propri progetti e le proprie idee nate dalla cultura italiana a Holliwood, non si può non parlare anche per il cinema di fuga dei cervelli”.
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