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24 Maggio 2010
Giulio Laurenti svela i retroscena del "mestiere" di narcos

Suerte. Io, Ilan Fernandez, narcotrafficante. Una confessione

di Redazione | 3 min

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Suerte. Io, Ilan Fernandez, narcotrafficante. Una confessione (Giulio Laurenti, Giulio Einaudi Editore 2010, 232 pagg., 17,50 euro)

Rabbia e lealtà sono impallidite nel mio orizzonte quando ho capito che solitudine e diffidenza mi hanno permesso di sopravvivere ma al costo di limitare le relazioni umane. Il pessimismo verso il prossimo bilancia un po’ l’ingiustificato ottimismo verso la mia sorte personale. Quando ho battezzato la mia barca Suerte ho chiamato il tender, quel barchino d’emergenza sempre pronto all’uso, col nome che do alla fortuna: Traidora.
Giulio Laurenti, Suerte

La storia vera di un narcotrafficante, dalla Colombia al carcere: una confessione, il ricordo di un’epopea criminale, il racconto del pericolo costante. In nove mesi di assidua frequentazione, Giulio Laurenti raccoglie la testimonianza di Ilan Fernández, in un romanzo intenso sulla caduta e sull’ansia di riscatto, che svela i retroscena del “mestiere” di narcos. 

A diciannove anni, Ilan Fernández è a capo dell’organizzazione criminale che detiene il monopolio del traffico di cocaina tra Sudamerica, Stati Uniti ed Europa. Una posizione pericolosa, ma elettrizzante, per un ragazzo orfano di padre e figlio di una «misera donna delle pulizie» di Cali – città nel sud-ovest della Colombia -, un posto dove i turisti vanno in cerca di divertimento, ma dove sibilano anche le pallottole e si vive con la rabbia e il senso di rivalsa di chi conosce solo la povertà. È proprio a Cali, vendendo droga ai villeggianti, che Fernández muove i primi passi nel mondo del crimine, dai piccoli investimenti per il mercato locale, che fruttano una tessera per fare il bagno alla piscina dell’albergo dei ricchi, fino al traffico di polvere bianca e armi su vasta scala. Una nuova vita, di eccessi, Ferrari e festini, con la morte alle calcagna, fino allo sbarco negli Stati Uniti e ai contatti con la Spagna e le famiglie malavitose italiane, in una catena di eventi sempre più frenetica e difficile da controllare:
“Vivevo sulla corsia di sorpasso e non badavo al panorama che mi sfrecciava a fianco. Ero tutt’occhi per i dettagli, avevo smarrito quella visione d’insieme che ti porta in vetta a un’organizzazione. Un tiro e via. Una transazione dopo l’altra e montagne di soldi all’incasso. Se c’erano ostacoli da rimuovere, li facevo rimuovere da qualcuno dei miei uomini, dei miei soldati. La roba attraversava l’Atlantico e imbiancava l’Europa senza che ormai io realmente facessi più che una decina di telefonate e qualche incontro d’affari”. 

Grazie al lavoro caparbio di un poliziotto infiltrato, Ilan Fernández viene arrestato nel 1985 a Barcellona, dove trascorrerà nove anni nel carcere dei Quatre Camins, raccogliendo idee per il marchio DePutaMadre69 – “sto una favola”, nel gergo dei detenuti spagnoli -, linea di abbigliamento che lo riporterà sulla cresta dell’onda, in modo pulito e da uomo libero.
Oggi, imprenditore di successo, Fernández consegna il ricordo degli anni più difficili della sua vita a Giulio Laurenti – autore di racconti, poesie, cortometraggi e fondatore di www.nonleggere.it, una delle web-tv letterarie più seguite d’Europa -, in un libro sincero, crudo, incalzante come un inseguimento, una testimonianza di come il passato non si possa cancellare. 

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