Comacchio. Accadde dieci anni fa: il peschereccio Goldrake, salpato da Porto Garibaldi, veniva avvistato ribaltato a 30 chilometri dalla costa, non lontano dalle piattaforme Eni al largo di Ravenna. Un terribile naufragio di cui non furono mai chiarite le vere cause e che causò la morte dei tre pescatori comacchiesi Alfonso, Franco e Alessandro Simoni, in una tragedia mai dimenticata per la città lagunare.
Sono le 5 di mattina quando il relitto viene avvistato in mezzo al mare, senza alcuna traccia del suo equipaggio. Nelle ore precedenti nessun allarme era giunto alla capitaneria di porto, segno di un naufragio imprevisto e che con ogni probabilità colse di sorpresa i tre pescatori a bordo, tutte persone che avevano dedicato gran parte della loro vita al mare: Alfonso e Franco Simoni, fratelli, erano pescatori esperti e Alessandro, figlio di Alfonso, aveva raccolto l’eredità paterna.
Le operazioni di ricerca partirono immediatamente e durarono per giorni, fino al ritrovamento di due dei tre corpi (quello di Alessandro purtroppo non fu mai recuperato). Solo uno di questi era ancora nella cabina di comando, mentre il secondo fu avvistato nei giorni successivi nelle acque del Mare Adriatico. Tra le ipotesi più probabili del naufragio vi è quella dell’errore umano: una virata troppo brusca o una rete impigliata su un fianco dell’imbarcazione, che avrebbe causato il ribaltamento durante la notte, mentre almeno due membri dell’equipaggio dormivano sotto coperta. In seguito al tragico incidente la Cooperativa Piccola e Grande Pesca di Porto Garibaldi, di cui facevano parte le vittime, attivò un conto corrente bancario per la raccolta fondi in memoria dei pescatori.
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