“Tondelli vive”: nel libro di Enos Rota l’omaggio allo scrittore reggiano
E' un invito a scoprire o riscoprire l'opera dello scrittore, saggista e drammaturgo reggiano Pier Vittorio Tondelli, il libro di Enos Rota dal titolo "Tondelli vive
E' un invito a scoprire o riscoprire l'opera dello scrittore, saggista e drammaturgo reggiano Pier Vittorio Tondelli, il libro di Enos Rota dal titolo "Tondelli vive
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E' arrivata la rivendicazione ufficiale della paternità dell'opera "misteriosa" comparsa nella fontana di piazza della Repubblica a Ferrara. Le due mani che emergono dall'acqua sorreggendo un cuore sono opera dell'artista Hxoro
Si chiude con numeri significativi e un consenso in costante crescita il calendario 2025 dell'Istituto di Studi Rinascimentali
di Federica Pezzoli
Il 2016 al Teatro Comunale di Occhiobello inizia con una storia fin troppo comune nella nostra contemporaneità, ma proprio per questo inascoltata e inedita: “Due donne che ballano” di Josep Maria Benet I Jornet, un dramma minimo di tutti i giorni tra solitudine e fragilità.
Sulla scena ci sono due donne senza nome, nelle quali potremmo imbatterci fra gli scaffali del supermercato o salendo e scendendo dall’autobus, leggendo nel loro sguardo nient’altro che scontroso silenzio. Un’anziana alla quale non piacciono i vecchi, che vive più abbandonata che sola in un fatiscente appartamento, una specie di rifugio che la protegge fin da quand’era bambina, e una giovane insegnante che lavora qualche ora come domestica-badante. La vita matrigna le ha portate a rinchiudersi nel loro riccio, sempre pronte a pungere per paura che qualcuno possa prima ferire loro, una difesa che nasconde una purezza innocente e una grande fragilità.
La signora, rimasta vedova, ha un figlio che sente solo al telefono e una figlia che preferisce pagare qualcun altro per togliersi di torno il pensiero di doverla accudire. La giovane è a sua volta scontrosa, indisponente, nevrotica, non riesce a sopportare gli uomini. Prima si scontrano, si odiano; poi, fra timide aperture e dolorose chiusure, si incontrano e, nella loro disperazione, si svelano e si sostengono a vicenda. L’anziana confida alla giovane che “Nella mia vita non ho vissuto un solo giorno, ma nemmeno poche ore, in cui mi sia sentita al centro”; mentre l’altra confessa che non riesce a elaborare il lutto della morte del figlioletto di sei anni, ucciso accidentalmente dal padre perché si era intromesso durante un litigio fra lei e “quell’uomo”.
Questo rapporto di fiducia, di solidarietà, quasi di amore filiale, se non attenua la sfiducia nel mondo, nelle persone, nel domani, dà però loro la forza di compiere un passo definitivo, ma non tragico: entrambe si prenderanno una rivincita sulla tragedia della propria vita. “Sono contenta di averti conosciuto”: queste parole pronunciate ballando il loro ultimo ballo sanciscono infine il passaggio dalla solitudine all’incontro alla relazione.
Il testo di Benet I Jornet riesce in modo gentile, amaro e profondamente ironico, a raccontare un’intera società. Sul palco la regia di Veronica Cruciani e l’interpretazione profondamente umana delle bravissime Maria Paiato e Arianna Scommegna creano un microcosmo esistenziale nel quale c’è pietas non pietismo, comprensione non commiserazione, per far emergere infine quella parte di umanità che soffre la solitudine, il malessere di vivere, ma decide che è ora di smetterla con il frustrante inseguimento della felicità.
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