Non c’era nessuna costrizione, nessuna violenza in quella che le cronache per anni hanno definitivo “la tratta dei mimi”. Il maxi processo in Corte di Assise a Ravenna si è concluso con una assoluzione plebiscitaria, che ha visto i dieci imputati difesi dall’avvocato Giampaolo Remondi del foro di Ferrara e quello assistito dal collega ravennate Carlo Benini uscire liberi dal tribunale con la formula “il fatto non sussiste”.
Eppure la procura aveva chiesto pene esemplari. Dai 12 ai 15 anni per chi era sospettato di aver minacciati, soggiogato e sottoposto a violenza una trentina di ragazzi rumeni, spesso con problemi economici o psichici, reclutati tra Italia e Romania, alle volte anche negli orfanotrofi.
Tutto ha inizio da una misteriosa denuncia, recapitata nel febbraio del 2011 alla Dda di Bologna. Una telefonata da Milano riferiva della fuga di un conoscente da una “casa-prigione” nel Ravennate. Le intercettazioni telefoniche e i pedinamenti fanno il resto, fino a trovare indizi che sembravano sufficienti a incriminare la sospetta banda. Nel 2012 arrivano i primi arresti in Italia, cui seguirono altri in Romania, perfezionati poi dall’estradizione.
I giovani venivano ‘avviati alla strada’, secondo l’accusa, dopo esser stati irretiti con il miraggio di un lavoro. E invece si erano ritrovati con pesanti costumi di animali-peluche oppure con trucco e abito verniciato a improvvisarsi mimi per la delizia dei passanti che allungavano qualche monetina nell’immancabile cappello.
Alcuni di loro, qui entra in gioco la nostra provincia, erano ospitati in due abitazioni nel Ferrarese. Le case erano di proprietà di tre imputati, due residenti a Mezzogoro e uno a Jolanda. anch’essi di nazionalità romena. Per questi tre e per gli altri otto alla sbarra l’ipotesi di reato era associazione per delinquere finalizzata alla tratta di esseri umani e alla riduzione in schiavitù.
Il dibattimento invece ha premiato la linea difensiva che negava qualsiasi costrizione subita dai ragazzi. E le testimonianze rese di fronte alla Corte presieduta dal giudice Milena Zavatti avrebbero avvalorato questa ipotesi.
Da qui la sentenza assolutoria, che fa commentare all’avvocato Remondi come “ci possa essere soddisfazione, dal momento che in totale erano stati chiesti per i miei assistiti 108 anni di reclusione. Si conclude così positivamente un processo molto sofferto, anche per via della lunga durata della detenzione cautelare di una dei principali imputati”.