Cronaca
21 Luglio 2015
Insulti, minacce e aggressioni per oltre due anni. Ai carabinieri che lo arrestarono: "Mi faccio male e dico che siete stati voi"

Stalker investì il marito dell’amante: maxi pena

di Ruggero Veronese | 3 min
Il tribunale di Ferrara

Il tribunale di Ferrara

Ha perseguitato per due anni una giovane coppia di sposi che viveva nel suo quartiere con insulti, minacce e aggressioni, arrivando addirittura a mandare il marito all’ospedale dopo averlo investito con l’automobile. Tutto questo per rabbia e ripicca, dopo essere stato scaricato dalla ragazza che per qualche tempo aveva portato avanti con lui una relazione extraconiugale. Uno smacco difficile da dimenticare per il 45enne condannato ieri mattina dal giudice Attinà a una pena di 3 anni e 4 mesi di reclusione e a pagare una provvisionale da 8mila euro, per i reati di stalking e lesioni.

La vicenda del resto, benché presentasse diversi elementi poco chiari (a partire dalla vecchia relazione extraconiugale tra l’imputato e una delle sue vittime), era giunta in tribunale accompagnata da una copiosa documentazione sul comportamento dello stalker, accompagnata anche dalle testimonianze di due carabinieri che assistettero a una delle aggressioni al suo ‘rivale’. La vicenda comincia nel 2010, quando la coppia e il 45enne, uniti dalla passione per i cani, si incontrano e si scambiano i contatti. Pochi mesi dopo comincia la relazione tra l’imputato e la giovane, che però dopo qualche mese, in cinta del secondo figlio e afflitta dai sensi di colpa, decide di troncare la storia e confessare tutto al marito.

Da quel momento la situazione degenera: l’uomo comincia a farsi vedere frequentemente di fronte alla villetta della coppia, prendendosela soprattutto con il marito, insultandolo e minacciandolo di pesanti violenze. Non ci metterà molto a passare dalle parole ai fatti: in un’occasione aggredendolo all’interno di un locale pubblico e sferrandogli diversi pugni sul volto, e in un’altra occasione investendolo con l’automobile mentre il ragazzo si trovava sul vialetto di fronte a casa. Un’episodio raccontato anche in tribunale dalla moglie, che accorse sul posto e chiamò le forze dell’ordine. Proprio i due carabinieri che giunsero si trovarono testimoni dell’ennesima esplosione di violenza, quando il 45enne si liberò violentemente della loro presa per scagliarsi ancora una volta contro il rivale. E anche una volta trasportato nelle camere di sicurezza della caserma, l’uomo si mostrò disposto a tutto, arrivando a minacciare anche gli uomini dell’Arma: “Se non mi lasciate andare – sono le sue parole riferite in aula dagli uomini dell’Arma – mi faccio del male da solo e poi dico che siete stati voi”.

Una lunga storia di litigi e persecuzioni che portò anche le vittime, dopo le numerose denunce inoltrate in procura, a reagire in maniera scomposta. In particolare quando, dopo l’ennesimo episodio, il marito esasperato si armò di mazza e andò a casa del 45enne per regolare i conti ‘tra uomini’. Episodio per il quale il giovane ha richiesto il rito abbreviato ed è stato recentemente condannato per lesioni a un anno e due mesi di reclusione. Dopo quel fatto, marito e moglie decisero di cambiare casa, andando a vivere quasi all’estremità opposta della provincia.

Ben poco in confronto ai comportamenti del 45enne, che ha sempre negato le proprie responsabilità e che secondo l’avvocato delle vittime, Giacomo Forlani, “agiva secondo un proprio codice d’onore” e “senza alcun rispetto delle istituzioni”. Un comportamento visibile già dalla prima udienza, quando l’imputato interruppe numerose volte e in modo polemico le testimonianze in aula, al punto da costringere il giudice Attinà a espellerlo dall’aula e far ritorno agli arresti domiciliari. Ma una volta uscito dal tribunale l’uomo non fece neppure rientro a casa e per lui, dopo l’accertamento della polizia giudiziaria, si aprirono le porte del carcere. Una detenzione confermata oggi in tribunale, al termine di una vicenda fin troppo lunga per tutte le parti in causa. “È una storia senza vinti né vincitori”, è l’amara considerazione contenuta nell’arringa di Forlani, che dopo la sentenza si dichiara comunque soddisfatto per la pesante condanna, “perchè i miei assistiti hanno subito per due anni atti persecutori sia dal punto di vista morale che fisico, che potevano degenerare anche in veri pericoli per la loro vita”.

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