Cronaca
20 Giugno 2015
Le storie dei richiedenti asilo ospitati nella casa Jerry Masslo di Pontelagoscuro

Una giornata in mezzo alle vite sospese

di Elisa Fornasini | 4 min

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La struttura di accoglienza Jerry Masslo apre le porte alla città per permettere di visitare di persona una delle case dove vivono i richiedenti asilo e di ascoltare direttamente le loro storie. L’iniziativa, denominata “Porte aperte all’accoglienza” e inserita nel calendario di eventi per la “Giornata Mondiale del Rifugiato”, ha preso vita questa mattina nella struttura di via Vallelunga a Pontelagoscuro. Si tratta del primo centro di accoglienza aperto in provincia di Ferrara, inaugurato nel 2006 e gestito dalla cooperativa Camelot. La struttura, intitolata al rifugiato sudafricano ucciso nel 1989 per una sconvolgente rapina a sfondo razzista, ospita attualmente 20 richiedenti asilo divisi in tre appartamenti su due piani.

Sono tutti uomini dai 18 ai 35 anni e provengono da Afghanistan, Pakistan, Kurdistan, Gambia e Nigeria. Sono stati accolti a Ferrara con il progetto Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati che conta in città 80 posti per gli adulti ‘ordinari’ e 8 posti per i richiedenti con un disagio mentale, a cui si sommano i 350 posti per l’operazione “Mare Nostrum”. Le parole chiave del progetto sono accoglienza e integrazione. L’attività di accoglienza viene infatti completata da un percorso di integrazione sia dal punto di vista linguistico, con i corsi di italiano, che lavorativo con l’inserimento dei richiedenti asilo in aziende agricole, industrie o attività di ristorazione del territorio. Prevalentemente si tratta di esperienze di tirocinio ma non mancano casi in cui si siano trasformati in veri e propri contratti di lavoro.

A spiegare l’iter dell’accoglienza sono gli operatori della cooperativa Camelot che si occupa anche della tutela legale. “Affianchiamo i richiedenti asilo in tutto il percorso burocratico – spiega il consulente legale Andrea Bermond – per richiedere il permesso di soggiorno o il riconoscimento dello status di rifugiato. Con l’attuale emergenza sbarchi, la commissione territoriale di Bologna sta accogliendo in maggioranza le richieste di permesso di soggiorno per motivi umanitari, per gli altri richiedenti asilo si valuta a seconda dei casi”. Un caso da valutare a parte è quello del curdo iracheno Hamid che sta aspettando che la commissione riesamini la sua domanda, la quale ha già ricevuto tre volte esito negativo. Aveva fatto richiesta prima che il suo Paese, l’Iraq, venisse assediato dall’Isis e ora chiede lo status di rifugiato. Hamid ha lasciato la sua terra quando ha perso i genitori, e con loro la speranza di un futuro migliore. È arrivato in Italia nel 2010 e si è subito diretto in Svizzera per raggiungere suo fratello, ma dopo sei mesi è tornato in Italia, precisamente a Torino, prima di approdare a Ferrara dove risiede da quattro anni nella casa di accoglienza Masslo. Lavora come pizzaiolo e aiuto cuoco e sogna un lavoro fisso.

A sognare un lavoro fisso, che gli permetterebbe di ricongiungersi con la sua famiglia, è anche Timori che ha lasciato le moglie e le sue tre figlie in Afghanistan. È arrivato in Italia nel 2012 dove ha ottenuto un permesso di soggiorno per 5 anni. Dopo una breve permanenza in Calabria, dove si è scoperto anche un bravissimo pittore, si è trasferito a Ferrara e ora lavora come tirocinante operaio in un’azienda di Bologna. Con l’orgoglio di aver imparato lingue ed attività diverse, lo stesso orgoglio con cui mostra le foto dei suoi quadri e delle sue figlie che non vede l’ora di riabbracciare. Un sogno già realizzato da Achim che è appena riuscito a ricongiungersi con la sua famiglia e a integrarsi perfettamente nel nostro Paese: dopo essere stato ospitato al centro di accoglienza di Pontelagoscuro, ha iniziato a lavorare con Camelot come mediatore, ha lasciato il centro per trasferirsi in una casa e ha invitato la sua famiglia a raggiungerlo.

Una bella storia di integrazione anche per Danish che ha lasciato il Kashmir tre anni fa per motivi politici. Dopo essere stato accolto ad Ancona è stato trasferito a Ferrara, dove è ospitato da due anni. Ma la sua vita è a una svolta: lavora da più di un anno in un supermercato di Bondeno ed è pronto a lasciare il centro di accoglienza per cercare casa nella città matildea. “Mi trovo bene qui – commenta Danish – e mi piace il mio lavoro perché sono tutto il giorno a contatto con le persone, una situazione che mi ha aiutato molto per imparare bene la lingua. Mi piacerebbe proseguire gli studi di ingegneria che avevo iniziato nel mio Paese, ma se fossi rimasto lì sarei stato un perseguitato politico”. Ora, mentre cerca una nuova dimora che possa davvero chiamare casa, sta prendendo la patente. Ha superato l’esame teorico e nel pomeriggio gli aspetta quello pratico. Un in bocca al lupo è d’obbligo. “Grazie mille”, risponde, “si dice crepi”, replico. Non capisce e gli spiego i motivi per cui il povero lupo debba per forza crepare per portare fortuna.

Un piccolissimo esempio di integrazione in un mare di diffidenza. Lo scopo della Giornata del Rifugiato è appunto questo: superare, attraverso il dialogo e la conoscenza, il clima di ostilità che si sta creando attorno a chi arriva fino a qui chiedendo aiuto, in fuga dal proprio paese a causa di persecuzioni, per ragioni politiche, religiose o razziali.

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