Si è concluso con la condanna a 6 anni e 8 mesi di reclusione per omicidio preterintenzionale il processo a carico di Francesco Semeraro, 34enne con un passato nel mondo della boxe, accusato di aver ucciso dopo una lite fuori da un locale di Trieste il ferrarese Andrea Bartolini.
La decisione è stata presa dal Gip del tribunale di Trieste Laura Barresi (si trattava di un giudizio abbreviato) che ha così accolto la tesi dell’accusa sostenuta dal Pm Federico Frezza che aveva riqualificato il fatto da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale, chiedendo però 7 anni di reclusione. La famiglia, rappresentata dall’avvocato Giacomo Forlani del foro di Ferrara, costituitasi parte civile insieme alla compagna di Bartolini (rappresentata dall’avvocato Giordano del foro di Trieste) chiedeva invece la condanna per omicidio doloso (la cui pena minima è di 21 anni di reclusione). Disposto anche il pagamento di 5mila euro di provvisionale per la compagna e di 12mila euro per ciascuno dei familiari costituitisi parte civile (che avevano chiesto rispettivamente 130mila euro e 100mila euro per ciascuno dei familiari).
Decisiva probabilmente l’autopsia sul corpo di Bartolini che ha evidenziato solo due colpi inferti, un pugno e un calcio, senza che venissero trovati riscontri oggettivi sull’accanimento, che una testimone aveva riportato, una volta che la vittima era ormai in condizioni di non potersi più difendere.
I drammatici fatti narrano di un futile litigio sfociato in tragedia: Bartolini – noto con il diminutivo “Barto” – originario di Ferrara ma che si era trasferito da qualche anno in pianta stabile a Trieste, dove viveva con la compagna, la sera del 15 novembre si trovava in giro per i locali assieme a un gruppo di amici. All’uscita da un bar si fermò a parlare con un altra persona, perdendo di vista gli amici. In quel frangente la tragedia: cominciò a litigare con Semeraro – difeso in giudizio dagli avvocati William Crivellari ed Elisabetta Burla -, con cui venne ben presto alle mani venendo mandato a terra con due violenti pugni e poi, secondo la ricostruzione della procura, con alcuni violenti calci alla milza.
La difesa, che aveva sostenuto la tesi della legittima difesa, ora aspetterà le motivazioni della sentenza per decidere se proporre o meno appello.