Portomaggiore
15 Novembre 2014
Il tragicomico calvario giudiziale di una cassiera

Licenziata per un gingerino

di Marco Zavagli | 3 min

00001707-originalPortomaggiore. Lo chiameremo “il Teorema del gingerino”, giusto per cercare di sdrammatizzare la situazione tragicomica vissuta da una dipendente di un supermercato, che per colpa di una bibita e di un pollo ha perso il lavoro e si è vista trascinata in tribunale, con tanto di 007 alle calcagna.

Riportiamo la storia, stranamente sfuggita alle cronache nazionali, anche per ricordare come a volte un pizzico di buon senso, da tutte le parti, potrebbe far risparmiare tempo e denaro. E permettere a magistrati e giudici di occuparsi di cose più importanti.

Ma andiamo con ordine. Tutto ha inizio nel gennaio 2012, quando un cliente di questo supermercato, situato a Portomaggiore, acquista un pollo. Il pennuto, bello impacchettato, costa 3,50 euro. Alla cassa trova la donna, classe ’56, futura imputata. Lei gli batte uno scontrino a valore zero. Non l’avesse mai fatto. Il cliente corre a lamentarsi in direzione: lo scontrino zero non gli permette di accumulare punti per buoni regalo. Il mancato benefit diventa un caso. Da Portomaggiore si chiama la direzione nazionale, che fa partire una serie di verifiche.

Sembra che la cassa della dipendente abbia battuto una decina di scontrini zero in un mese. Per coglierla con le mani nel sacco si assolda una agenzia investigativa. Non sappiamo se lo zelante 007 si sia presentato di fronte alla sospettata con trench stile Bogart e cappello a tesa larga calcato sulla fronte. Sappiamo però che in mano aveva un gingerino. Prezzo 3 euro e 90. La cassiera gli batte uno scontrino zero. Ed ecco dimostrato “il Teorema del gingerino”: la prova – di quella che poi diventerà l’accusa in tribunale – che la dipendente si intascava i soldi che non figuravano a contabilità.

Da qui parte il suo calvario. Prima la denuncia penale per appropriazione indebita, poi il licenziamento. Mentre è in corso la causa di impugnazione del cessato rapporto di lavoro, si mette in moto la procura. Il pm chiede l’archiviazione, ma il gip ordina l’imputazione coatta della cassiera. Si arriva al processo, con il supermercato costituito parte civile. Due sono i capi di imputazione: appropriazione indebita per il gingerino e tentata appropriazione indebita per il pollo.

Per dimostrare l’infedeltà della dipendente vengono chiamati testi, colleghi (“che hanno sostenuto – riporta la difesa – come emissione di scontrini zero non sia un’anomalia, ma può essere causa di errore o ripensamento del cliente”), addetti alla vigilanza, esperti e quant’altro nel corso delle cinque udienze necessarie per arrivare al verdetto finale del giudice Baldelli: assolta per impossibilità di provarne la colpevolezza.

Ora la difesa, sostenuta dall’avvocato Marina Gianchetti attenderà i 60 giorni per il deposito delle motivazioni per cercare di utilizzare il giudizio penale in favore della sua cliente nell’altro processo, quello contro il licenziamento. Gingerino permettendo.

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