Politica
28 Ottobre 2014
La candidata presidente per L'Altra Emilia Romagna tuona contro il sindaco leghista

Quintavalla: “Da Fabbri solite balle razziste”

di Redazione | 5 min

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10670055_648209771958482_7066149494717405693_nNon tardano ad arrivare le repliche alle affermazioni di Alan Fabbri, sindaco di Bondeno e candidato alla presidenza della Regione con Lega, FdI e Forza Italia, sui migranti e sulla sanità emiliana.

A prendere la parola contro Fabbri sono Cristina Quintavalla, sua diretta concorrente nella corsa per le regionali per l’Altra Emilia Romagna, e Raffaele Rinaldi, candidato consigliere la lista di Sel.

“Dopo aver sparato le solite balle razziste, come l’idea di separare i rom dagli italiani Alan Fabbri prova a spacciare l’idea, altrettanto tossica, del buongoverno leghista. E prende in prestito il vicino Veneto dove, «grazie a un sistema realmente virtuoso» la sanità funzionerebbe meglio. Noi dell’Altra Emilia Romagna diciamo che non abbiamo bisogno di un razzista in Regione e ci serve, invece, una sanità efficiente e pubblica per rilanciare un ‘modello emiliano’ che proprio il Pd sta smantellando da Roma con la legge di stabilità e con i tagli della spending review. Basta un giro per le Asl per rendersi conto dei livelli di emergenza in cui sono costretti ad operare medici e personale sanitario – tuona la Quintavalla -. Ma non ci meraviglia che il candidato della Lega evochi il modello veneto per la Sanità. Per le camicie verdi sarebbe una sorta di paese di Bengodi. Lì, da anni, gli assessori alla sanità sono leghisti veronesi, proprio come il più importante operatore regionale privato. E, grazie ad un meccanismo infernale coniato per primo dal sindaco di Verona Tosi quand’era assessore alla sanità della Regione, un risparmio di un milione e 69.170 euro si è potuto trasformare in un esborso di 5milioni 15.270 euro di denari pubblici. In otto anni, dati che risalgono a un paio di anni fa ma non sono mai stati smentiti – prosegue la candidata presidente – il fatturato dei ricoveri in cliniche private del Polesine (quelle più frequentate da ferraresi ed emiliani che scelgono di curarsi fuori regione) è cresciuto del 132% nella Asl 18 e dell’81% nella 19. E le fatture per le visite ambulatoriali sono lievitate del 350% nella prima e del 130% nell’altra. Il dato combinato provinciale è del 133% di aumento. Negli ultimi 15 anni, nel pubblico s’è dimezzato il numero degli ospedali, ora sono 3; i posti letto sono scesi da 1700 a 800 e in pianta organica mancano 215 operatori. Tutto ciò grazie ai meccanismi di recupero della cosiddetta regressione tariffaria e dell’incremento finanziario, un meccanismo infernale – appunto – che consente di diminuire le prestazioni come chiede Roma ma di moltiplicare i profitti per i padroni della sanità privata. Il buongoverno leghista è un mito fasullo – conclude la Quintavalla – come l’ampolla del Po che ingurgitava Bossi”.

Tutto concentrato sul tema immigrazione è invece l’intervento di Raffaele Rinaldi che parla di “Chi scappa da situazioni di guerra, di persecuzione e di torture non è un clandestino, ma un profugo. Il riconoscimento e l’accoglienza dei profughi oltre che ad essere un ineludibile appello etico che fa riferimento alla coscienza di tutti e di ciascuno – afferma Rinaldi – è regolamentata non dal capriccio di questo o quel Comune, non da questo o quel governo ma, per fortuna, dalla Convenzione di Ginevra sottoscritta nel 1951, un trattato delle Nazioni Unite firmato da ben 147 paesi. Non stiamo però qui a far lezioni, o ad innescare polemiche vuote poiché è in gioco la vita delle persone siano esse italiane o immigrate. Infatti se da una parte non si accolgono profughi negandogli l’ospitalità, dall’altra comunque non si rivolvono i problemi dei cittadini.

“Si può anche comprendere e giustificare la ‘non disponibilità’ momentanea di un Comune ad accogliere un numero definito di profughi a causa degli effetti nefasti del sisma – prosegue Rinaldi – ma non si può accettare che tale scelta diventi un atteggiamento ideologico di fondo ‘a priori’ portato a sistema, o peggio ancora dettata unicamente da strategia politica per la raccolta consenso, che facendo confusione con i termini, mescolando i livelli diversi delle difficoltà, si costruisce quella rappresentazione sociale dell’immigrato sulla paura dell’”invasore”, appiccicando questo stigma addosso a qualsiasi immigrato, magari anche a quelli presenti e integrati nelle nostre città da diversi anni e, magari, vittime anche loro del terremoto o comunque della crisi. Questa continua confusione contribuisce ad ammalare la società di schizofrenia. Al di qua dello schermo televisivo – osserva il candidato consigliere – ci indigniamo se migliaia di uomini, donne e bambini muoiono affogati nelle profondità del mare, siamo avviliti nel vedere bambini siriani che dormono nelle scatole di cartone, ci siamo entusiasmati della primavera araba, ma quando i più poveri dei più poveri, i profughi, le famiglie in cerca di libertà e di una vita migliore, tra cui tanti cristiani, lambiscono la soglia di casa allora per incanto diventano clandestini, ladri o potenziali delinquenti che ci rubano il lavoro, la cultura, l’identità. Arrivano in tanti, è vero. Ma non è “questa politica” a fomentare l’esplosione continua di guerre che spinge alla sopravvivenza migliaia di persone. Se poi vogliamo parlare di clandestini mi chiedo che effetto abbiano avuto 10 anni di Bossi-Fini. Certo è che siamo immersi nella crisi economica, manca il lavoro, mancano tante cose e sono questioni che non le risolviamo distraendo l’attenzione con lo spauracchio del clandestino brutto, sporco e cattivo, (che nulla ha a che vedere con i fondi dell’accoglienza per i profughi) tanto meno aprendo altre guerre tra poveri – conclude Rinaldi – ma bisogna lavorare molto per una proposta politica forte e inclusiva”.

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