Recensioni
4 Ottobre 2014
Al Palazzo Blu una ricca e attenta selezione di opere provenienti dal Centre George Pompidou di Parigi

Amedeo Modigliani et ses amis a Pisa

di Redazione | 3 min

unnamed (16)È dedicata ad Amedeo Modigliani, grande e controverso artista, un altro Italien de Paris, la mostra offerta da oggi nelle suggestive sale di Palazzo Blu di Pisa, una ricca e attenta selezione di opere provenienti dal Centre George Pompidou di Parigi insieme con magnifici capolavori provenienti dalle principali collezioni pubbliche e private, italiane e straniere che ricreeranno l’atmosfera culturale in cui maturò la straordinaria ed entusiasmante esperienza della pittura dell’epoca e la vicenda artistica di Modigliani dal periodo della sua formazione a Livorno fino al suo trasferimento a Parigi, nel 1906, nella costante e irrequieta ricerca del nuovo.

È nella Parigi della cultura avanguardista, quella dei Fauves, tra amici quali Marc Chagall, Max Jacob, Georges Braque, Jean Cocteau che il dissoluto e celebre artista e tombeur de femmes, matura la sua poetica stilistica, influenzato fortemente da Picasso, Toulouse-Lautrec, Cézanne. Questa esposizione, la cui curatela scientifica è affidata a Jean Michel Bouhours, accreditato studioso di Modigliani e curatore del dipartimento delle collezioni moderne del Centre Pompidou, intende presentare la produzione artistica di Amedeo Modigliani nel contesto della cosiddetta Scuola di Parigi.

Con tale termine, coniato dal critico d’arte André Warnod, si è soliti indicare un manipolo di artisti, per lo più di origine ebraica che, discriminati nei loro paesi d’origine, si riunirono a Parigi, la Città aureolata degli audaci, la Ville Lumière per eccellenza, già patria degli Impressionisti e di molti altri movimenti fin de siècle come il Simbolismo che diverrà fondante punto di riferimento anche per il lancio del Futurismo, per volontà del suo fondatore, Filippo Tommaso Marinetti. Reticenti verso l’Astrattismo più spregiudicato di molte avanguardie storiche del tempo quali Cubismo, Futurismo, Dada e Surrealismo, gli esponenti della Scuola di Parigi preferirono sperimentare la loro modernità pittorica rimanendo entro parametri figurativi.

La mostra è stata concepita a partire da un corpus di circa 70 opere appartenenti alle collezioni del Centre Pompidou, (Museo nazionale di arte moderna/ Centro di creazione industriale, il cosiddetto Beaubourg) di Parigi. La prima tela di Modigliani entrò a far parte delle collezioni del Museo Nazionale di Arte Moderna nel 1932, successivamente verso la fine degli anni ’40 e l’inizio anni ’50, con l’acquisto di due teste in pietra e della straordinaria tempera raffigurante una Cariatide, si costituì una prima significativa raccolta di opere. Seguirono altri acquisti, donazioni e dazioni che contribuirono all’arricchimento del fondo Amedeo Modigliani.

Una quarantina di ulteriori opere di Modigliani sono state prese in prestito da altri musei francesi, italiani o da collezionisti privati. Tra questi val al pena di sottolineare, in modo particolare, l’impegno del Museo dell’Orangerie di Parigi che ha accettato di prestare le proprie opere di Amedeo Modigliani, provenienti dalla collezione Jean Walter et Paul Guillaume.

A completare il percorso espositivo, una significativa selezione di sculture di Modigliani e dei grandi scultori dell’epoca come il celebre Constantin Brancusi e ancora una eccezionale serie di fotografie scattate da Brancusi stesso. Un’opportunità unica, dunque, per rivisitare una fondamentale stagione culturale che ha influenzato l’intera produzione artistica europea.

In concomitanza con la mostra di Palazzo Blu, il Museo Nazionale di San Matteo ospiterà i “Falsi Modigliani”, un’esposizione che riunisce tre sculture di teste erroneamente attribuite a Modigliani e che rappresenta un’occasione unica per ammirare da vicino questi celebri falsi che tanto scalpore fecero anni fa, esito di un colossale scherzo di tre giovani universitari livornesi molto intraprendenti che sortì l’effetto di mettere in ridicolo l’intero sistema della cultura italiano rappresentato, allora, al suo massimo livello, dai responsabili delle sovrintendenze (come Dario Durbé) e dai più famosi critici d’arte (come Cesare Brandi o Giulio Carlo Argan), oltre che mettere sotto accusa la gestione dei beni culturali livornese e nazionale.

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