Cronaca
26 Settembre 2014
Per la Corte non ci furono responsabilità degli ex manager

Solvay, tutti assolti anche in appello

di Marco Zavagli | 3 min

solvayGiovedì 25 settembre 2014. Ore 16. Si chiude definitivamente la vicenda Solvay. La Corte de Appello di Bologna ha assolto con formula piena i sei imputati del processo, confermando in toto la sentenza di prima grado uscita il 30 aprile 2012 dal tribunale di Ferrara.

Rispetto al primo grado, i giudici erano tenuti a decidere solo su uno dei capi di imputazione, quello relativo all’omissione dolosa di protezione sul luogo di lavoro. Per l’altra ipotesi di reato, le lesioni colpose, il procuratore generale aveva chiesto di non doversi procedere ormai prescritto, essendo ormai intervenuta la prescrizione.

Claude Lautrel, Auguste Arthur Gosselin, Cyryll Van Lierde, Pierre Vigneron, Gerard Michael Davis e Arthur William Barnes, oggi tutti ultraottantenni, ex dirigenti Solvay (ex Solvic) e Ici (Imperial Chemical Industries), erano accusati in quanto componenti del cda della multinazionale belga della chimica dal 1969 al 1974, e quindi direttamente responsabili della prevenzione e della sicurezza sui luoghi di lavoro, di lesioni colpose e omissione delle misure di sicurezza.

Quanto alle parti civili, Cipro Mazzoni e Michele Mantoan (rappresentati da Legambiente), erano addetti alla pulizia delle autoclavi allo stabilimento Solvic di Ferrara, dove si eseguiva la polimerizzazione del cvm per la produzione di pvc, uno dei polimeri più diffusi per lo sviluppo dei materiali plastici. Tra il 2003 e il 2005 venne diagnosticato ad entrambi un epatocarcinoma, un tumore maligno del fegato: una malattia che, secondo gli studi della Iarc di Lione (l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, uno degli organi più autorevoli nel campo), fa parte insieme all’angiosarcoma delle patologie ad elevato rischio per l’esposizione al cvm.

Anche in Appello non è stata ravvisata la correlazione tra la malattia dei due ex operai ancora vivi (negli anni si contano decine di ex dipendenti morti di tumore, ma nessuno dei casi è stato ricondotto al cvm) e il lavoro svolto all’interno della fabbrica di via Marconi, attiva fino al 1998 a Ferrara. Ecco quindi il verdetto definitivo: il fatto non sussiste.

“Sono demoralizzato e demotivato” è il commento dell’avvocato David Zanforlini di Legambiente. “Me lo aspettavo – confida il legale -, dal momento che la Corte non aveva ammesso la super perizia richiesta dalla pubblica accusa”. Quanto ai due operai, “devono accettare la sentenza – sospira Zanforlini – così come devono accettare patologia che hanno”.

“Indipendentemente dalla vicenda umana che ha coinvolto due ex dipendenti, ai quali va comunque tutta la nostra solidarietà, è giusto che siano state riconosciute le nostre aspettative – è invece il commento dei difensori Solvay -. La Corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza di assoluzione e in sostanza ciò che Solvay ha sempre sostenuto: l’azienda ha operato nel rispetto delle leggi vigenti e si è sempre impegnata per la sicurezza e salvaguardia dei lavoratori. È stato riconosciuto che non c’è prova del nesso causale fra l’esposizione al Cvm e la patologia tumorale di epatocarcinoma”.

Per quanto riguarda l’omessa adozione di cautele antinfortunistica, “Solvay ha sempre tenuto un atteggiamento diligente, in considerazione delle conoscenze tecniche e scientifiche dell’epoca”. Le difese ricordano che “Solvay non solo ha sempre operato nel rispetto delle leggi vigenti, ma ha addirittura promosso, con largo anticipo sulle normative di sicurezza emanate in Italia, specifiche misure di salvaguardia nei confronti dei propri lavoratori: un esempio significativo è il sistema di lavaggio automatico dell’autoclave degli impianti di produzione che è stato introdotto fin dal 1969 e che ha fatto cessare quasi totalmente gli interventi degli operatori all’interno delle autoclavi. La Corte ha definitivamente riconosciuto l’operato diligente agli ex manager dell’azienda”.

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