
Foto di Sham Hinchey
di Eleonora Manfredini
Agosto è un mese che non si può dimenticare nella memoria di Luce Tommasi. Un destino strano, quello che vede una ricorrenza del suo passato giornalistico coincidere con un fatto di cronaca che nessun giornalista ( e nessuno) potrà mai dimenticare: 2 agosto 1980, la strage alla stazione di Bologna. 19 anni dopo, il ricordo di Luce: 2 agosto 1999, il passaggio dalla Rai di Bologna a Rai News a Roma. Agosto la ricorrenza del suo saluto a casa. Nata e cresciuta tra le mura estensi, corrispondente de “Il Giornale” di Montanelli, “finché Montanelli rimase a capo della testata – spiega la Tommasi – poi quattro anni alla ‘Nuova Ferrara’ che è stata per me una grande palestra. Fare informazione locale sulla carta stampata porta ad avere un contatto più che mai diretto con la fonte e con il destinatario, il margine d’errore si riduce notevolmente. A differenza dell’informazione televisiva, quella sulla carta stampata resta”.
Il paragone lei lo può fare, dato che dopo la carta stampata c’è stato il piccolo schermo: Rai 3 Emilia Romagna per otto anni. Poi quel trampolino di lancio verso Saxa Rubra, un po’ un salto nel vuoto. Da Bologna, a pochi passi dalla sua Ferrara, alla città Eterna. Quindici anni di Rai News, dove la si vedeva nelle albe di tutti i giorni fino al primo pomeriggio, negli ultimi anni anche a fianco di Corradino Mineo nella rassegna stampa. A parte la conduzione dei telegiornali si occupava della rubrica “Altre voci, diritti negati”, un focus sul sociale, raccontato dai protagonisti “per dare voce a chi di solito non ne ha – spiega la Tommasi che ha sempre orientato il suo interesse verso quello che lei definisce “ l’indicatore dello stato di salute di un Paese. A mio avviso si parte sempre dal sociale per comprendere ‘a che punto siamo’, per comprendere il livello di attenzione di un Paese verso chi non ce la fa, l’attenzione per queste persone è un sintomo di maturità. L’equità è un obbiettivo da raggiungere”. Anche ora che il suo rapporto con la tv pubblica si è concluso, Luce Tommasi rimane ‘sul pezzo’ per quanto riguarda il sociale e l’informazione, che cambia ed “è cambiata moltissimo e anche il valore della carta stampata è mutato. Ora il giornale quando arriva in pagina è già vecchio, non regge il passo con la televisione, ma soprattutto con i nuovi media: l’online ad esempio. Il giornale dovrebbe adesso rivestire un ruolo di approfondimento, contrariamente non può reggere il confronto con quel tipo di informazione alla quale si può accedere ovunque ci si trovi ed in qualsiasi momento. L’informazione online è in mutamento continuo, si aggiorna minuto dopo minuto, è immediata e attraverso le nuove tecnologie è facilmente fruibile. E’ una realtà ancora diversa dalla televisione. E già quella sembrava veloce: – ricorda la Tommasi – il salto dalla Rai regionale a Rai News mi ha portato a relazionarmi già allora con una velocità diversa di informazione. Gli aggiornamenti erano continui e la verifica delle fonti doveva essere altrettanto rapida”.
Non è poi sempre facile trasmettere un messaggio in maniera efficace in video, il segreto?
“Essere autorevole e al tempo stesso rassicurante. Il protagonista non è il giornalista, bensì la notizia, il cronista è un canale attraverso cui passa l’informazione e per farla passare al meglio bisogna essere quanto più possibile equilibrati”.
La Hall of fame dei suoi ricordi in Rai come giornalista?
“Ricordo bene la mattina dopo il terremoto in Abruzzo. Quando arrivai alle sei in redazione e appresi della gravità dell’evento. Dovevamo raccogliere informazioni in breve ed ovviamente la situazione in loco era drammatica ed era difficoltoso raccogliere notizie”.
Sebbene gli eventi eccezionali diventino alla fine quasi normali da gestire per un giornalista, dopo il terremoto a L’Aquila c’è stato un altro terremoto che probabilmente l’ha toccata più da vicino, quello nella sua Ferrara ad esempio…“Dal punto di vista personale c’era ovviamente la preoccupazione per le persone a me care, dal punto di vista lavorativo, anche qui non fu semplice recuperare le notizie. Fortunatamente mi appoggiarono alcuni ex colleghi delle testate locali e alcuni giornalisti di mia conoscenza, che si prestarono come corrispondenti, raccontando quanto stava accadendo”.
Ha qualche ricordo nostalgico o qualche frame che le strappa una risata più di altri?
“Sorrido se penso a quella volta in cui andai in iperventilazione e dovevo tenere una diretta di un’ora, non so nemmeno io come ne sono uscita. La risata più difficile da trattenere poi fu quando Mineo uscì dalla rassegna stampa con una pila di giornali in mano, inciampò e rovinò a terra con tutti i giornali. Lui non era inquadrato, ma io sì e dovevo rimanere seria,non fu semplice. A parte questo mi fermo qui con la ‘Saudade’. Tendenzialmente non sono una persona che pensa molto al passato, ma più al presente e al futuro – sorride (deformazione professionale?) – il passato non ha per me valore di ricordo, bensì di arricchimento, è la mia storia, è la base che ci consente di essere ciò che siamo, ma il futuro è sempre avanti”.
E il suo futuro che cosa dice?
“Dice che ho ancora tanta voglia di fare e tanti progetti che mi piacerebbe realizzare. Vorrei mettere la mia esperienza passata al servizio di qualcosa di nuovo. News e sociale attraverso strumenti flessibili, racconti confezionati dai protagonisti con la voce dei protagonisti, sempre con l’idea di dar voce a chi non ce l’ha. Vedremo…”
Ferrara la sua casa, Roma la sua dimora, in tutto questo ha tempo di tornare a “vedere il Castello”?
“La mia vita ora è a Roma, ma torno a Ferrara spesso a trovare la famiglia e gli amici. Fino ad un anno fa quando il mio impegno in Rai era pressoché totalizzante tornavo molto meno, al massimo un paio di giorni a Natale, se non lavoravo, e qualche giorno per i Buskers, che ancora sono un appuntamento fisso. Quando torno da Ferrara porto con me sempre una buona scorta di pane ferrarese, di cui sento fortemente la mancanza tra i sette colli, così come dei passatelli e dei cappellacci di zucca”.
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