
Manuel De Sica
Santa Maria Maddalena. E’ a metà tra biografia del padre e autobiografia il libro che Manuel De Sica, ha presentato venerdì sera al sesto incontro di Parole d’autore. Il musicista era ospite al teatro don Gino Tosi ed è stato accolto da un pubblico attento e curioso.
Di figlio in padre, questo il titolo del volume, rappresenta una delle tante iniziative che Manuel, dopo la morte di Vittorio ha intrapreso per preservarne la memoria e l’opera. Iniziativa che fa il paio, che, dice anche lui, con quella intrapresa dal 1994 con la creazione dell’associazione Amici di Vittorio De Sica, che sta cercando di recuperare in formato digitale la grande opera cinematografica. “Certo, l’opera di recupero è importante, ma spesso mi domando perché lo faccio se poi questi film non vengono riproposti alle nuove generazioni?” dice con fare sconsolato “ servirebbe una diversa sensibilità e la creazione di una diversa cultura, partendo dalla scuola”.
Il libro raccoglie senza soluzione continuità, storie, momenti e aneddoti della vita di Vittorio De Sica dal dopoguerra al momento della sua morte nel 1974. Manuel incomincia a raccontare della sua vita in quella che oggi si chiamerebbe famiglia allargata. Il grande regista aveva due famiglie, non essendo ammesso allora il divorzio e rischiando di essere accusato di bigamia, una era quella con la prima moglie Giuditta Lissone e la figlia Emilia, la seconda quella con Maria Mercader, Manuel e Christian.
Il musicista racconta che, essendo il padre un uomo del 1901, con tutto il suo retaggio culturale, si divideva tra le due famiglie equamente: una sera dalla prima e una sera dalla seconda. Solo dopo molto tempo a Manuel riuscì di incontrare e conoscere la sorella.
“Non ho voluto nascondere quasi nulla in questo libro e se sembra presentare alcuni giudizi molto secchi, voglio dire che ho voluto fare un’operazione verità, senza troppi paludamenti. Sono uscite troppe interpretazioni di fantasia sull’opera e la vita di mio padre” Manuel è molto secco in questa affermazione.
E in questo libro, se non proprio rese dei conti, alcuni sassolini tolti dalle scarpe ci sono. Parla degli attori che ha conosciuto. E non è tenero nei giudizi umani neo confronti di Manfredi, Stoppa, Sordi, Loren, mentre dichiara il proprio affetto umano per Mastroianni, Rossellini, Totò. “D’altra parte sarebbe giusto valutare e considerare queste persone per quello che hanno dato al cinema, per il loro valore artistico. La loro concezione della vita non dovrebbe interessarci”.
Sono decine gli aneddoti che Manuel riporta nel libro. Alcuni li racconta al pubblico. Come quelli relativi al collaboratore di una vita di Vittorio, Roberto Moretti, o quello relativo alla sua ultima partecipazione a un film “Blood for Dracula” di Andy Wharol, ma non vuole lasciare il teatro senza parlare un attimo del profondo rapporto tra Vittorio De Sica e Cesare Zavattini. Un rapporto di lavoro, ma anche molto più importante che ha prodotto i capolavoro del neorealismo italiano: Sciuscià, Ladri di biciclette, il magico Miracolo a Milano e Umberto D, che era il film più amato dal padre.
Non può non ricordare, nel salutare il pubblico, come grazie a un film girato nella vicina Ferrara, “il giardino dei Finzi Contini”, incominciò a lavorare nel cinema come compositore della colonna sonora, a cui seguirono altri cento film,”ma questo è un altro capitolo, per un altro libro”.