24 Febbraio 2014
Irene Gigante si racconta, dalla drammatica esperienza del padre all'Ilva alla lotta contro le trivellazioni in Emilia-Romagna

Il volto nuovo dell’ambientalismo ferrarese

di Ruggero Veronese | 5 min

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ImmagineIl padre morto all’Ilva di Taranto, l’arrivo nella città estense, la ‘scoperta’ di quanto stava accadendo davanti ai suoi occhi. E la “inevitabile” discesa in campo. Irene Gigante 37 anni, è il volto nuovo dell’ambientalismo ferrarese. Un attivismo che nasce quasi spontaneo, visto che “da quando sono arrivata a Ferrara sono rimasta impressionata dalla passività e dal disinteresse degli abitanti per i temi ambientali. Io purtroppo ho pagato il prezzo dell’inquinamento sulla mia pelle. Mi sono dovuta interessare per forza”. Figlia di una ferrarese e di un tarantino, la portavoce del comitato “No Triv” è nata a Genova ma è rimasta fino agli anni dell’università a Taranto, dove il padre lavorava all’interno dello stabilimento Ilva (negli anni ’80 ancora Italsider) e, come molti sfortunati colleghi, ha subito le tragiche conseguenze dell’inquinamento.

“Mio padre lavorava nell’amianto, che dal 1994 è stato riconosciuto come una causa della neoplasia. E subito ha capito, assieme ai suoi colleghi, quale sarebbe stato il suo destino. Negli anni ’90 molti miei compagni di scuola hanno perso i genitori, in mezzo al silenzio e all’omertà delle istituzioni e dei medici, che non indicavano mai l’amianto come causa dei decessi. Mio padre è morto nel 1998, spegnendosi dopo una malattia che in tre mesi lo ha consumato. È stato solo quando i bambini hanno cominciato a star male che il problema è venuto a galla”.

Ma era già troppo tardi per i tanti tarantini che cominciavano a manifestare i primi sintomi di tumori e malattie. Ed è anche per questo che ora l’imperativo della Gigante è quello di non perdere tempo, cercando di informare e far partecipare quanti più cittadini agli incontri del comitato contro le trivellazioni. Due temi apparentemente distanti, quelli dell’inquinamento siderurgico e delle perforazioni nel sottosuolo, ma uniti da un unico filo conduttore: la necessità di prendere una posizione documentata prima che sia troppo tardi per i ripensamenti. Un rischio che, secondo la Gigante, sta correndo gran parte dell’opinione pubblica ferrarese.

“È per questo che mi incavolo di fronte ai commenti di certi vostri lettori – attacca l’attivista No Triv -. Da bambina sognavo di vivere a Ferrara e di poter passare tutti i giorni di fronte al Palazzo dei Diamanti e alle bellezze del centro storico. Poi ho scoperto i problemi di questa città, sia quelli legati al turismo e alla cultura che quelli ambientali, come l’apertura dell’asilo del Salice o il progetto di geotermia a Malborghetto”. Oltre che, ovviamente, le trivellazioni per la ricerca di idrocarburi. La questione, se ridotta al nodo essenziale, è semplice: di fronte a un’inevitabile subsidenza del terreno, e quindi – questo il suo ragionamento – a possibili danni ambientali e agli edifici, i cittadini non avrebbero alcun ritorno sociale o economico. E ad avvantaggiarsi sarebbero solo le aziende private. “Le trivellazioni non sono un’attività di pubblica utilità – afferma la Gigante – e quindi dovremmo chiederci quale vantaggio va ai cittadini. E intanto sia Legambiente che il Consorzio di Bonifica si sono espressi negativamente circa le richieste di perforazione, per rischi legati sia alla subsidenza che al terremoto”.

Due conseguenze distinte e da trattare separatamente: “I rischi sismici sono ancora un tema controverso – spiega l’attivista -, ma qualcosa inizia a muoversi: in Olanda dopo le recenti scosse sismiche le estrazioni di gas sono state limitate e il governo ha rimborsato i cittadini di Groningen per i danni, riconoscendo ufficialmente il rapporto tra trivellazioni e terremoti. Ma è più semplice dimostrare il fenomeno della subsidenza, inevitabile quando si estraggono grosse quantità di gas o materiali dal sottosuolo. E nella Pianura Padana, zona ad alto rischio idrogeologico, questo fenomeno diventa ancora più preoccupante”.

Fatti che secondo la Gigante “sarebbero già sufficienti per vietare le trivellazioni come è stato fatto in Veneto, un territorio geologicamente molto simile al nostro. Ma è difficile che succeda anche nella nostra regione, dove la commissione che studia la questione è formata in gran parte da persone che hanno lavorato per le società di estrazione”. Inevitabile entrare nei temi politici, anche se per l’attivista è ancora presto per dare giudizi definitivi. “Di certo nelle regioni più virtuose i cittadini hanno più fiducia nelle istituzioni e certi problemi spesso finiscono per passare inosservati. Oggi sia l’amministrazione che le altre forze politiche sono molto disponibili e propositive con noi, ma non so dire se è un atteggiamento di facciata in vista delle prossime elezioni. Per quanto riguarda il mondo dell’ambientalismo ferrarese mi pare che ci siano persone che si danno molto da fare, ma non sono riusciti a movimentare l’opinione pubblica”.

Quello che manca è l’interesse e la partecipazione attiva dei ferraresi. “Il discorso va al di là della politica: abbiamo già avuto incontri con l’assessore provinciale Bellini, con il sindaco Tagliani, che a forza di corrergli dietro – scherza la Gigante – prima o poi ci denuncerà per stalking. Ma serve anche la pressione dei cittadini, visto che le decisioni finali le prendono Regione e Ministero. Lunedì ci incontreremo con i rappresentanti di Comune e Provincia: spero che ci aiutino a trovare strumenti normativi efficaci e a individuare i punti chiave per convincere la Regione a darci una mano”. Un’operazione che potrebbe risultare più complicata del previsto anche a causa degli impegni elettorali di chi dovrebbe sedersi al tavolo: l’assessore regionale ad attività produttive, piano energetico e autorizzazioni uniche integrate Gian Carlo Muzzarelli. “Abbiamo chiesto un incontro – allarga le braccia l’attivista ferrarese -, ma la sua segretaria ci ha detto che si è candidato come sindaco di Modena e in questo momento è troppo impegnato con la campagna elettorale. Ma continueremo a insistere e a far sentire la nostra voce finché non ci ascolterà”.

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